Qualche giorno fa sono stati pubblicati i dati dell’INVALSI, che descrivono una situazione drammatica: divario accresciuto tra nord e sud, segregazione formativa tra gli indirizzi, ampliamento del divario di genere. I dati sono stati analizzati anche da Raffaella Milano, di “Save the Children”, che ha sottolineato il trend negativo di questi ultimi anni, e l’importanza di intervenire con tempestività e concretezza per cambiare direzione. La ‘questione meridionale’ si ripercuote in tutti gli ambiti della società e soprattutto sulla scuola. Questa emergenza va affrontata, in modo consapevole ma con tempestività, per non far sfumare somme preziose come quelle del PNRR.
Ne abbiamo parlato con Caterina Altamore, Dirigente Sindacale della CGIL Nazionale, sempre attenta a questo tema.
Caterina, secondo te, quali sono i motivi per cui esiste, acuendosi negli ultimi anni, il divario Nord-Sud nel comparto scuola? Non dimentichiamo che nell’ultimo periodo sono stati finanziati molti soldi del PNRR nel Mezzogiorno, e la Missione 4 riguardava proprio l’istruzione.
Perché molti fondi del PNRR non vengono spesi bene. Innanzitutto, partiamo dallo sviluppo dei progetti , che ogni Comune dovrebbe realizzare per accedere a quei fondi. Mancano i tecnici. Nelle riunioni a cui ho partecipato, quello che emerge è che il personale tecnico è andato in pensione, ma senza essere sostituito con nuove assunzioni, e quando il personale viene reintegrato, non è qualificato. Gli uffici sono vuoti, per cui i progetti o non vengono proprio presentati, oppure vengono bocciati. L’emergenza non è visibile solo dai dati INVALSI, sono tanti gli studi che ci dicono che il Sud è proprio all’ultimo posto, mentre è ai primi posti per dispersione scolastica, abbiamo il primato nelle cose negative, rispetto agli ultimi posti per le cose positive. Questa è un’emergenza che va sicuramente affrontata con un impegno politico particolare, che non può ridursi al PNRR fatto in questa maniera.
Uno dei punti da sviluppare era la creazione di asili nido, fondamentali per i bambini, che cominciano ad approcciare la socialità e l’esplorazione, con importanti ricadute sulla sfera cognitiva, nonché venire incontro alle famiglie. Ciò vale anche per la scuola dell’infanzia, che dovrebbe essere obbligatoria e includere una serie di servizi (presenti nelle proposte del Sistema Integrato 0-6), ma nella realtà poco sviluppati.
Anche per gli asili nido e le scuole dell’infanzia il problema è lo stesso. Si creano le strutture per alloggiare queste scuole, ma poi il Comune non ha i finanziamenti adeguati per sovvenzionare i collaboratori, gli insegnanti e quindi è costretto a darli in mano ai privati, come sta già accadendo.
Eppure alle scuole sono stati dati tanti fondi per acquistare attrezzature digitali di tutti i tipi.
Il problema è che stanno arrivando tutti questi strumenti e si stanno attrezzando aule multimediali con dispositivi di ultima generazione, senza tener conto che ci vorranno tecnici qualificati per mantenerli aggiornati e funzionali, ma poi domandiamoci se le scuole hanno davvero bisogno di tutto questo materiale. Noi abbiamo scuole che stanno cadendo a pezzi, abbiamo classi che stanno scoppiando, abbiamo accorpamenti di 10-12 scuole che vengono affidate alla gestione di un solo dirigente, con tutti questi problemi ciò di cui la scuola ha bisogno sono le attrezzature tecnologiche e i computer? Il problema si sta affrontando partendo dalla base sbagliata. Magari gli alunni avranno il tablet, avranno la LIM ma avranno anche l’insegnante precario, una dispersione ovviamente che aumenta; ad esempio alla scuola primaria non abbiamo tempo per recuperare, perché le pochissime compresenze che ci sono vengono utilizzate per fare sostituzioni. Si taglia su tutto e non tutto si può recuperare col PNRR, soldi spesi così, secondo criteri per i quali le scuole si devono inventare cosa comprare ma non possono chiedere quello di cui hanno bisogno. Lo stesso problema si pone per le mense, perché per aumentare il tempo scuola, e adeguarlo al tempo scuola dei comuni del Nord, oltre a ‘costruire’ le mense occorre aumentare l’organico per implementare il tempo pieno, se non si forniscono fondi anche per questi interventi, si rischia di spendere tanti soldi, e quindi indebitare ulteriormente il sud, ma senza avere alcun vantaggio perché sono stati spesi male.
Per le mense inoltre si pone un altro problema, quello cioè che nel meridione molte famiglie hanno difficoltà a pagare la retta e il Comune da solo non può sostenere questa spesa, ma siamo sempre lì, i fondi stanziati non prevedono questo tipo di interventi.
In effetti, da quello che metti in evidenza, e che trova conferme nelle richieste dei Comuni, o anche nelle ore di tempo scuola molto ridotte nel meridione rispetto al Nord, rivela che i dati INVALSI sono solo la punta dell’iceberg, la situazione è articolata e non può limitarsi ai famigerati ‘fondi del PNRR’. Puoi darci qualche proposta concreta da cui partire?
Occorrono politiche di intervento da parte del Governo centrale, magari con strutture di controllo, che prevedano come primo passo l’organizzazione di tavoli di lavoro con i rappresentanti (dei comuni, degli insegnanti, ecc.) e soprattutto figure tecniche competenti in grado di sviluppare progetti solidi, a breve, a medio e a lungo termine, e ovviamente fondi adeguati. Non si può chiedere alle regioni di costruire qualcosa con i fondi del PNRR e poi non si hanno altri fondi per mantenerlo. Nella regione Sicilia abbiamo perso fondi europei sempre perché non abbiamo saputo progettare, quindi bisogna intervenire con un progetto già ben definito che preveda anche l’oltre, non solo la costruzione. È inutile comprare attrezzature quando non c’è personale specializzato, quando non ci sono i tecnici, quando ci sono i tetti che cadono, quando ci sono aule che scoppiano, perché i bisogni della scuola non sono questi o meglio, sono anche questi, ma vengono dopo. Manca la visione, le necessità sono altre.
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Ylenia Franco, Vicepresidente Docenti Immobilizzati, dottoressa in archeologia, docente specializzata sul sostegno