Pirandello, già nel 900, sosteneva che la coscienza è divenuta una piazza colma di voci. Recentemente, questa profezia ha trovato legittimità scientifica quando, nel 2016, l’Oxford Dictionary ha decretato una nuova parola: “post-truth” che in italiano si traduce post-verità. Questo termine indica, infatti, quella condizione secondo cui in una discussione relativa a un fatto o una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza che viene percepita e accettata come vera dal pubblico sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi concreta della effettiva veridicità dei fatti raccontati.

In pratica nella formazione dell’opinione pubblica i fatti oggettivi sono meno influenti degli appelli all’emozione e alle convinzioni personali e in questo contesto la verità diventa irrilevante.

Tutto ciò non riguarda solo la lettura del quotidiano. C’è un orientamento crescente che legge, ad esempio, nei drammi del Novecento dovuti ai totalitarismi, la verità come autoritaria e violenta. Si è perciò, lentamente, fatta strada l’ipotesi di opporre alla concezione antica della verità, basata su una razionalità e fondata su principi e inferenze che generano una molteplicità di interpretazioni combinando valori, idee, credenze, esperienze ed emozioni.

L’affermarsi della post-verità indica il profondo cambiamento culturale nella società cresciuto silenziosamente nel corso degli anni dal Novecento, con il perfezionamento degli strumenti della propaganda e della manipolazione, affermando una concezione che enfatizza l’esistenza di un mondo di forme socio-culturali malleabili, fluide o fragili, di cui la “modernità liquida” di Baumann costituisce la più efficace e nota immagine. La rivoluzione digitale ha accelerato questo cambiamento con l’irruzione sulla scena mediatica e politica di nuovi soggetti in grado di sfruttare il potere persuasivo dei “social media”. La conseguente perdita di autorità delle istituzioni tradizionali che strutturavano la vita sociale e politica (famiglia, chiese, partiti politici, sindacati, corporazioni) ne è la prova. Il vero pericolo della post-verità è che, quando non esiste più nessun criterio per distinguere i discorsi validi da quelli meno validi, si impongono i discorsi e le idee dei soggetti più potenti, organizzati o aggressivi.

La verità necessita del pensiero critico e di una cultura indipendente dalla modernità. Rinunciare alla pretesa di avere sempre ragione è un’operazione di rifondazione della coscienza al fine restituirle il primato. Per S. Agostinoin interiore homine habitat veritas” riconoscendo, al tempo stesso, che la stessa natura umana, psicologicamente mutevole, allontana dalla verità a meno di ristabilire la relazione con il prossimo. La coscienza, dunque, torni ad essere il luogo della differenza tra il bene e il male, una reale risorsa per uscire dalla crisi. Alla scuola (altrimenti a chi altri?) il compito di ricostruzione del pensiero critico e della cultura indipendente.

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