In questo periodo che precede l’inizio dell’anno scolastico tornano alla ribalta le problematiche, storiche e serie, dei lavoratori della scuola, che né i governi né i sindacati hanno la volontà di affrontare e risolvere, almeno a giudicare dalla situazione attuale.
In breve, nonostante la possibilità del ruolo attraverso la call veloce o l’immissione da GPS , molte cattedre a Nord restano vuote.
Ripeto, non è un problema nuovo, anzi. Quello che stupisce è che non vengano portate avanti soluzioni serie per risolverlo.
Alcune scelte governative, come ad esempio i vincoli, hanno acuito il problema, perché l’idea che un docente debba trasferirsi per minimo tre anni in una nuova sede, ha demotivato i precari. Inoltre non dimentichiamo i ‘docenti immobilizzati’, che da ben più di tre anni si trovano lontano dalle loro famiglie senza riuscire ad ottenere trasferimento nelle proprie province di residenza.
Nel 2023, per l’ennesima volta, le scuole del Nord si troveranno con carenza di personale scolastico, e si procederà alla meno peggio, con un forte abbassamento della qualità dell’insegnamento.
Come risolvere la questione?
Nessuno ha la bacchetta magica e la situazione è molto complessa, però bisogna cominciare a fornire risposte serie.
1-Il primo problema che si presenta è la difficoltà a sostenere le spese al Nord, considerato l’alto costo della vita.
Non c’è bisogno nemmeno di scomodare l’Europa: gli stipendi degli insegnanti italiani sono bassi, punto. La prima cosa da fare sarebbe aumentarli, ma in modo dignitoso, non certo con 20€ al mese com’è stato fatto adesso, attraverso il beneplacito dei sindacati. E questa storia di accettare perché ‘meglio di niente’, in una costante corsa al ribasso, deve finire. L’aumento deve essere adeguato, e anche immediato, visto l’incremento dell’inflazione attuale.
2- Oltre all’aumento, si potrebbe fornire un contributo per la spesa e gli affitti, in modo da incentivare la possibilità di lavorare fuori dalle proprie zone di residenza. Almeno l’intero stipendio non va via con le spese .
3- A mio avviso bisognerebbe poi trovare soluzioni per chi chiede il trasferimento. Ossia: io, alle condizioni di cui sopra, faccio il mio percorso con i vincoli, come richiesto dalla normativa. Trascorso il periodo, devo però avere un minimo di garanzia di ottenere il trasferimento richiesto.
Allo stato attuale non è possibile avere garanzie perché ‘non ci sono posti ‘, soprattutto in alcune regioni (ad esempio Campania o Sicilia) e per alcune classi di concorso.
Perché allora non cambiamo le aliquote dei trasferimenti? Perché non diamo il 100% ai trasferimenti interprovinciali e il 25% a quelli provinciali? A rigor di logica, sarebbe la soluzione più ovvia.
Sono solo idee e proposte, tra l’altro avanzate già da vari gruppi di docenti che vivono la scuola e pagano sulla pelle la staticità di regole non a passo con i tempi.
Se ne possono trovare altre, migliori e più specifiche.
Occorre cominciare a trovare soluzioni, invece di limitarci come sempre alle chiacchiere.
Che dite, iniziamo?

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