mario adinolfi

Roma Capitale sta valutando l’introduzione di lezioni dedicate alle tematiche LGBTIQIA+ nelle scuole medie e superiori della città.

Il progetto “Ti presento Andrea – Viaggio nella comunità LGBTQIA+”, promosso dal dipartimento Pari opportunità di Roma Capitale, prevede incontri mensili con un massimo di dieci classi alla volta.

Tuttavia, la proposta ha suscitato polemiche, soprattutto da parte di associazioni pro-vita e alcuni esponenti politici, accendendo il dibattito sull’opportunità di introdurre tali tematiche nelle scuole senza il consenso informato dei genitori e sul possibile indottrinamento dei bambini su questioni legate all’omosessualità, alle persone transgender e all’identità di genere.

Le polemiche evidenziano una divisione profonda in merito all’educazione e all’inclusione delle tematiche LGBTIQIA+ nelle scuole, mentre il tema continua a essere al centro del dibattito politico e sociale.

Sul tema abbiamo intervistato Mario Adinolfi, leader e presidente del Popolo della Famiglia, un importante attore nel dibattito riguardante le ipotesi di lezioni LGBTIQ+ nelle scuole di Roma. Gli abbiamo chiesto di parlarci della sua visione sull’introduzione di queste lezioni nelle scuole, delle preoccupazioni del suo partito in merito all’educazione dei giovani, e delle proposte concrete che il Popolo della Famiglia avanza in questo contesto. Senza tralasciare, naturalmente, le critiche e le sfide relative a questa posizione, cercando di gettare luce sul futuro di questa discussione nel panorama politico e sociale italiano.

D: Caro Mario, grazie per aver accettato questa intervista e per cercare insieme a noi di capirne di più, visto sopratutto che la polemica sterile e fine a se stessa sostanzialmente non porta mai a nulla, quindi, la tua posizione per noi è importante. “NO GENDER NELLE SCUOLE” questo lo slogan che campeggia forte nel simbolo del Popolo della Famiglia, come hai preso il progetto romano da parte delle associani Lgbtqia+ per entrare nel mondo della scuola?

R: Grazie a te Massimiliano per l’occasione. Partiamo subito col dire che il Comune di Roma vuole obbligare tutte le famiglie che hanno figli nel sistema della pubblica istruzione dalla prima media in su a sottostare a corsi di “educazione Lgbt” tenuti dalle associazioni Lgbt stesse che dreneranno così fondi pubblici in una città peraltro dissestata e caratterizzata da un’amministrazione fantasma che fa vivere ai cittadini disagi continui sul fronte dei trasporti, dei rifiuti, della sicurezza, della ordinaria quotidiana vivibilità insomma. Ci si appiglia sempre alla carenza di fondi che però per le proposte della lobby arcobaleno, miracolosamente, si trovano sempre. Noi abbiamo sempre saputo che le associazioni Lgbt avrebbero mirato sulla scuola: è un centro di spesa pubblico da cui prendere soldi ed è il luogo dove si può agevolmente attuare il brainwashing delle giovani generazioni. Non possiamo che opporci, come facciamo da anni, a una deriva di cui solo noi abbiamo visto per tempo la pericolosità. Per questo quella scritta è l’unica che campeggia nel simbolo del Popolo della Famiglia fin dalla fondazione, nel 2016.

D: Dopo la carriera Alias, i corsi lgbt, la scuola resta un campo di difesa per chi si professa pro-vita e di conquista per chi sventola la bandiera lgbt, chi paga le conseguenze di questo tira e molla?

R: Non c’è bisogno di essere un pro-life per capire la pericolosità dell’offensiva dell’indottrimento gender nelle scuole. Credo che qualsiasi genitore preferisca che il proprio figlio maschio non venga “ispirato” a interpretare qualche suo inevitabile disagio adolescenziale come una “disforia di genere” da risolvere sentendosi femmina o viceversa. Le conseguenze le pagano i ragazzini e le loro famiglie, ricordo che i corsi Lgbt previsti a Roma sono previsti anche per bambini di undici anni, dalla prima media.

D: Quali sono le preoccupazioni principali del Popolo della Famiglia riguardo all’impatto di queste lezioni sulle famiglie e gli studenti?

R: La vita della famiglie è già piena di difficoltà, l’indottrinamento gender svolto addirittura nelle sedi delle associazioni Lgbt come previsto dal piano del comune di Roma. Quando ero piccolo io a scuola venivano invitati a parlare i “personaggi”: il giudice famoso, l’astronauta, il giornalista. E io regolarmente uscivo dall’incontro volendo fare il giudice, l’astronauta, il giornalista. Credo di essermi spiegato.

D: Come dovrebbe essere gestita l’educazione su queste tematiche in modo equilibrato e rispettoso delle diverse opinioni e visioni del mondo? La famiglia è in grado in questo mondo così veloce e frastagliato di tenere botta a tutte queste sollecitazioni?

R: La scuola offre le informazioni di base sulla biologia e la sessualità, tocca alla famiglia poi declinarle secondo la propria sensibilità e secondo i tempi di maturazione del proprio figlio. Il tempo della pre-adolescenza e dell’adolescenza è delicatissimo, i padri e le madri non devono essere prevaricati da ciniche operazioni che hanno al centro del loro interesse i denari e il potere.

D: Quali proposte concrete il Popolo della Famiglia suggerisce per affrontare le questioni legate all’educazione LGBTIQ+ nelle scuole?

R: Non deve esistere alcuna educazione lgbt, esiste l’educazione al rispetto e ad un sacrosanto principio di lontananza da qualsiasi forma di discriminazione. Qualsiasi forma.

D: Come risponde alle critiche secondo cui l’opposizione a queste lezioni potrebbe contribuire a discriminare o stigmatizzare le persone LGBTIQ+?

R: Se fossi un omosessuale mi sentirei fortemente discriminato ad essere confinato in un recinto colorato di arcobaleno. Bisogna spiegare che la stigmatizzazione, il bullismo, la discriminazione non devono colpire nessuno, non devono colpire la diversità, non devono esistere nella scuola e nella vita punto. Non esistono categorie protette, bisogna proteggere tutti, a partire dai più fragili che nelle scuole non sono certo gli Lgbt.

D: Come prevede che si svilupperà questa discussione in futuro e quali azioni intende intraprendere il Popolo della Famiglia a riguardo?

R: La nostra prima finalità è riuscire ad aprire questa discussione, dare coraggio a quelle famiglie che nelle scuole si oppongono all’invasione Lgbt spiegando loro che non sono sole, non devono aver paura e devono usare bene lo strumento del consenso informato. Spesso chi si oppone viene intimidito, tacciato di “omofobia”, minacciato, subisce conseguenze e rappresaglie sul figlio. Il Popolo della Famiglia è al fianco delle papà e delle mamme che nelle scuole resistono. Così facendo si apre uno spazio dialettico che almeno permette l’espressione del dissenso rispetto a chi vuole imporre moduli educativi che sono pericolosamente ideologici.

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