Aggressioni docenti. Nuove vicende che confermano il processo di bullizzazione.
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Aggressioni docenti. Le ultime vicende
Aggressioni docenti. Non passa giorno, senza registrare una nuova vicenda che conferma la strisciante bullizzazione dei maestri/professori. Ecco gli ultimi due fatti. Carpi (Emilia Romagna). Durante l’intervallo un prof interviene per sedare una rissa tra gli studenti. Risultato: riceve un pugno sul naso con conseguente rottura del setto nasale. La seconda vicenda avviene in provincia di Treviso. Si legge “<<Accerchiata nel parcheggio della scuola dopo aver dato una nota a un allievo: è quanto accaduto nei giorni scorsi a una professoressa della scuola media “Crespani” di Badoere, frazione del Comune di Morgano, in provincia di Treviso. L’episodio risale ad alcuni giorni fa al termine delle lezioni, a opera dello stesso studente e di alcuni suoi compagni”. Sconcertante, se confermata, la risposta del Dirigente scolastico, preposto alla sicurezza dei propri dipendenti. D. Capezzone (Libero 1 dicembre) scrive: ” quando la nostra cronista ha interpellato il preside, si è sentita rispondere:«Sono solo dei ragazzini>>”
Una breve e purtroppo ripetitiva considerazione
Le vicende narrate rimandano a un contesto appesantito dal rancore, dalla rabbia, dalla frustrazione, “dall’evaporazione del padre” (Lacan). Questi aspetti sono ampliati da alcune serie tv (Gomorra, Suburra…). La situazione è stata ben descritta dal Rapporto Censis del 2021 che presenta il contesto sociale come “rancoroso, irrazionale” . Ovviamente il clima pesante riguarda non solo gli adulti, ma anche i ragazzi e i bambini. Quindi le conseguenze non sorprendono.
Sicuramente siamo lontani dal modello di “Una scuola esigente” (G. Ragazzini 2023) dove la funzione docente autorevole si basa sulla proposizione di un modello pedagogico che sconfessa ogni facile scorciatoria costituita da alibi, e da un pericoloso giustificazionismo che tende a ridurre la responsabilità individuale del discente. Scrive G. Ragazzini che il disastro della scuola è dovuto anche nell’aver esaltato la motivazione intrinseca come situazione ideale, a discapito di quella estrinseca, veicolando il messaggio che s’impara giocando. Da qui non è difficile comprendere l’insofferenza alla frustrazione, al limite sempre più rara nella società della prestazione.