Art. 36 CCNL Scuola, vizi e virtù dell’ultima spiaggia dei docenti di ruolo fuori sede

Art. 36 CCNL Scuola, vizi e virtù dell’ultima spiaggia dei docenti di ruolo fuori sede

In attesa degli esiti delle Assegnazioni Provvisorie interprovinciali si pensa già al piano C per lavorare nella propria provincia di residenza, dove C sta per ultima spiaggia dei docenti di ruolo fuori sede che non hanno avuto ne’ trasferimento (piano A) né AP (piano B). L’art. 36 CCNL del comparto Scuola viene in aiuto consentendo ai docenti di ruolo di accettare rapporti di lavoro a tempo determinato in un diverso ordine o grado d’istruzione, o per altra classe di concorso, purché di durata non inferiore ad un anno mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede.
Con una sintesi del tutto personale aggiungo: – dopo 8 mesi ho finalmente rivisto il mio stipendio -.  La prima notizia da dare ai colleghi di ruolo fuori sede che stanno ipotizzando di fare appello all’articolo 36, pur di lavorare nella loro provincia di residenza, è che non è tutto rose e fiori.
L’art 36, sostituito dall’art.47 alla sottoscrizione dell’ipotesi di contratto 2019/21, resta una buona opportunità per i docenti di ruolo che abbiano almeno superato l’anno di prova, tuttavia, più che una scelta, ricorrervi è quasi sempre un obbligo, quando la motivazione per lavorare nella propria provincia è davvero forte e la sede di titolarità è troppo lontana,  per garantirsi un anno scolastico quanto meno scevro dalle tensioni e dallo  stress che questo comporta. A volte sono centinaia di km, altre volte si arriva a mille, sta di fatto che, in assenza di trasferimento interprovinciale o di assegnazione provvisoria, l’unica possibilità per non partire è mettersi in aspettativa non retribuita ed accettare una supplenza annuale, purché,  naturalmente,  si abbiano i titoli per essere iscritti nelle GPS. A proposito di vizi e virtù dell’art.36, la decisione di ricorrervi merita attenta valutazione preventiva. Intanto, quando escono i bollettini delle supplenze, iniziano i primi fraintendimenti sulla tipologia di cattedra: assodato, infatti, che non v’e’ dubbio sulle cattedre al 30 agosto, per le altre invece può nascere qualche perplessità, siccome per alcune cattedre intere viene menzionato come termine “fine attività didattiche”, per altre “30 giugno”; ebbene, un docente di ruolo può accettare indifferentemente l’una o l’altra ma, in caso di cattedra “fino a fine attività didattiche”, il contratto scadrà comunque il 30 giugno. Per il resto, una volta accettato l’incarico, il docente di ruolo ritorna ad essere un supplente e, principalmente, ritorna allo stipendio base. Nulla cambia, dal punto di vista economico, per chi non abbia maturato gli anni di servizio sufficienti per accedere alle successive fasce di retribuzione e riceva un contratto annuale sullo stesso grado di istruzione, variando esclusivamente la materia, come indicato dalla normativa corrente. In tutti gli altri casi, però, qualcosa cambia, e non sempre in meglio: ad esempio, per chi ha raggiunto le superiori fasce retributive in ruolo, si tratta di rinunciare ad almeno 250 euro mensili, a cui si aggiungono le differenze stipendiali nel caso il docente sia iscritto nelle GPS in grado inferiore a quello di titolarità; se, ad esempio, sono di ruolo alle superiori e grazie all’art.36 mi convocano per una supplenza alla primaria, guadagnero’ come un supplente alla primaria e viceversa, se sono di ruolo alla primaria e vengo convocato per una supplenza alle superiori, il mio trattamento economico migliorerà. Tutto ció non accade, invece, in Assegnazione provvisoria: ovunque il docente venga collocato, se abilitato anche in cdc di grado diverso, oltre che di diversa materia, il trattamento economico non muterá e la responsabile delle emissioni dei cedolini sarà sempre la Ragioneria della provincia in cui si è titolari, senza alcuna variazione nelle emissioni stipendiali. A proposito di Ragionerie di Stato, inoltre, non è inusuale che si debba fare i conti con una comunicazione non sempre tempestiva fra le due Ragionerie, che dovranno passarsi il testimone del nuovo trattamento stipendiale del docente, trasferendo le emissioni da una provincia all’altra o peggio, da una regione all’altra: servono anche alcuni mesi, a volte, perché venga comunicata, o meglio recepita dalle Ragionerie, l’aspettativa del docente e la necessità, pertanto, di interrompere il trattamento economico del ruolo per passare a quello di supplente. Le segreterie scolastiche fanno mediamente un buon lavoro, comunicando in tempi brevi la data di inizio dell’aspettativa, che si farà coincidere con la data di inizio dell’incarico annuale: tuttavia, ciò non garantisce che già il mese successivo il docente passi al nuovo stipendio, in tal caso continuerà a percepire lo stipendio del ruolo a cui però farà bene a non affezionarsi, in quanto non appena la notizia della supplenza andrà a regime, quanto ricevuto in più verrà detratto, di solito in modo dilazionato, dai successivi stipendi, ma può anche accadere, naturalmente, il contrario, nel caso si approdi ad una supplenza in grado superiore.
Per concludere, sarà un’attenta analisi personale “costi-benefici” a determinare la decisione di ricorrere all’art.36 del CCNL, tuttavia, nonostante i possibili intoppi, inclusa la perdita dell’anno di ruolo ai fini della ricostruzione di carriera, la scelta è quasi sempre conveniente, pur dovendo rinunciare ad una parte di stipendio: di norma, infatti, fare il pendolare o, peggio, pagare un affitto nei pressi della propria scuola di titolarità, costa decisamente più di 250/300 euro mensili, circostanza tristemente nota a tutti i docenti di ruolo fuori sede. In ogni caso l’articolo 36 è l’ultima spiaggia, nel caso in cui anche la domanda di Assegnazione Provvisoria non sia andata a buon fine.

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