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L’istituto del congedo biennale retribuito, previsto dalla L. n.104 del 5 febbraio 1992 e disciplinato dal D.Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 all’art. 42, offre un sostegno importante per coloro che assistono familiari con disabilità grave accertata e certificata.
Questo congedo può essere fruito in due modalità: frazionata o continuativa, e ha una durata massima di due anni nell’arco dell’intera carriera lavorativa.
A chi spetta il congedo biennale
Il congedo biennale spetta in prima istanza al coniuge o alla persona unita civilmente. In caso di decesso, assenza o impossibilità, spetta alternativamente secondo un ordine di priorità: al genitore, al figlio/a, al fratello o alla sorella, e infine al parente o all’affine fino al terzo grado.
Retribuzione
Durante il periodo di fruizione del congedo, il Docente o Ata, ha diritto a un’indennità economica, il cui importo è pari alla retribuzione fissa e continuativa risultante nell’ultimo cedolino del mese immediatamente precedente l’inizio della fruizione del congedo.
Tuttavia, dal calcolo vengono esclusi tutti gli eventuali compensi accessori e le eventuali ulteriori indennità risultanti in busta paga.
L’ISTAT rivaluta annualmente la soglia massima di indennità percepibile, oltre la quale non è possibile andare.
Previdenza e Contributi
Il periodo di fruizione del congedo biennale non contribuisce alla maturazione del diritto alle ferie, alla tredicesima e al calcolo del trattamento di fine servizio (TFS) o del trattamento di fine rapporto (TFR).
Questi svantaggi sono previsti dall’art. 42, comma 5-quinquies, del D.Lgs. n. 151/2001.
Nonostante ciò, il periodo di congedo è pienamente valido ai fini del diritto alla pensione, come previsto dalla circolare n.1 del 2012 del Dipartimento per la Funzione Pubblica.
Per il dipendente pubblico, l’Amministrazione di appartenenza è tenuta a calcolare, trattenere e versare i contributi sulle retribuzioni di fatto corrisposte, che saranno commisurati alle stesse, secondo le regole ordinarie.
Scatti di anzianità
Nonostante la validità del congedo ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione, il periodo in cui il lavoratore è in congedo non è utile ai fini della progressione economica, cioè per il raggiungimento degli scatti di anzianità che comportano un aumento stipendiale in busta paga.
La progressione economica infatti richiede quale requisito imprescindibile la presenza in servizio e lo svolgimento dell’attività lavorativa, elemento assente durante la fruizione del congedo.
Il Consiglio di Stato con parere n. 3389 del 2005 ha infatti qualificato la fruizione del congedo come “sospensione” assoluta dall’attività lavorativa.
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