Il paradosso degli insegnanti: un Nord che non vuole e un Sud che non può

Il paradosso degli insegnanti: un Nord che non vuole e un Sud che non può

“Lombardia, il 12 settembre riparte la scuola ma mancano i professori: 19 mila cattedre scoperte” – titola il Corriere della Sera edizione milanese di oggi. L’ effetto immediato è il rischio slittamento di un paio di settimane del tempo pieno alle elementari. Nell’ aricolo di Giovanna Maria Fagnani la cronaca di un fenomeno annunciato, ma soprattutto consolidatosi specialmente negli ultimi anni.

E’ il paradosso del sistema educativo italiano. Un paradosso evidente: mentre al Sud c’è una sovrabbondanza di aspiranti insegnanti che lottano per un numero limitato di posti, al Nord le scuole faticano a trovare docenti qualificati. Questa disparità, radicata da anni, è il risultato di un complesso intreccio di fattori economici, sociali e culturali che differenziano le due aree del Paese.

Al Sud, la professione docente è spesso vista come una delle poche opportunità di stabilità lavorativa in un contesto economico difficile. Di conseguenza, migliaia di giovani si laureano in Scienze della Formazione con la speranza di ottenere un posto fisso. Purtroppo, i posti disponibili sono limitati e la competizione è feroce. Nonostante l’impegno e la passione, molti aspiranti insegnanti rimangono esclusi dalle graduatorie, alimentando un senso di frustrazione e precarietà.

Al Nord, invece, la situazione è diametralmente opposta. Le scuole faticano a coprire tutti i posti vacanti, soprattutto nelle materie scientifiche e tecniche. Questo fenomeno è dovuto a diversi fattori. Innanzitutto, le opportunità lavorative al Nord sono più numerose e spesso meglio retribuite rispetto al Sud. Molti giovani laureati preferiscono quindi cercare lavoro in altri settori, come l’industria o la finanza. Inoltre, il costo della vita nelle regioni settentrionali è più elevato, rendendo meno attraente per i docenti trasferirsi da altre regioni. Infine, la percezione sociale della professione docente è diversa: al Nord, l’insegnamento è spesso visto come un’ultima spiaggia, mentre al Sud è ancora considerato un mestiere nobile e socialmente utile.

Le conseguenze di questo squilibrio sono evidenti. Al Sud, l’eccesso di domanda porta a una forte competizione e a una demotivazione diffusa tra gli aspiranti insegnanti. Al Nord, invece, la carenza di docenti si traduce in classi senza docente per gran parte dell’ anno, difficoltà nell’organizzare l’orario e una continua rotazione del personale, con ripercussioni negative sulla qualità dell’insegnamento e sull’apprendimento degli studenti.

Per risolvere realmente il problema sarebbe necessario un intervento strutturale a livello nazionale, alquanto improbabile, almeno in tempi brevi. Bisognerebbe aumentare gli stipendi dei docenti, per rendere la professione più competitiva e attrattiva soprattutto al Nord. Ma è fondamentale investire in modo mirato al Sud, creando nuove opportunità di lavoro e migliorando le infrastrutture. Oltre a valorizzare socialmente la figura dell’insegnante, migliorare le condizioni di lavoro, semplificare le procedure di reclutamento e incentivare la mobilità dei docenti tra le diverse regioni.

In sostanza, per superare il paradosso degli insegnanti è necessario un approccio complessivo di natura squisitamente politica, basato su di una visione che tenga conto delle specificità di ciascuna regione e delle esigenze del sistema educativo nel suo complesso.

Un modo per garantire a tutti gli studenti, indipendentemente dalla regione di provenienza, un’istruzione di qualità.

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