Gravissimo ed ennesimo episodio di violenza fra due minori all’uscita dall’istituto Sergio Atzeni di Capoterra, nell’hinterland di Cagliari in Sardegna: un 14enne ha accoltellato al petto un 15enne che ora è in ospedale in condizioni disperate.
È davvero l’era dei coltelli? Il problema è che in cucina servono, e servono anche affilati. In una casa in cui si consumano episodi di maltrattamenti i coltelli diventano un’arma pericolosa, ma purtroppo da casa i coltelli non possono sparire. Ecco perché è fondamentale denunciare subito, alle prime avvisaglie, situazioni a rischio, perché da una brutta lite ad aprire il cassetto degli utensili il passo, in presenza di individui disturbati e violenti, è breve, brevissimo. Tutti i casi di femminicidio a cui abbiamo assistito in quest’anno sono stati per lo più attuati con l’utilizzo di un coltello da cucina. Tuttavia, se in casa è lecito averne più di uno a scuola non lo è, né fuori né dentro. Dunque c’è poco da fare, i ragazzi vanno controllati in ingresso, perquisiti, in barba a qualunque legge sulla privacy perché di fronte al bene della collettività non c’è privacy che tenga. Questa è un’emergenza, lo Stato deve intervenire immediatamente, non ci interessa attendere iter legislativi che non risolveranno un bel nulla, il voto in condotta, la riflessione nell’ora di Educazione Civica, i lavori socialmente utili per una settimana, non ci interessa nulla di tutto ciò: i coltelli a scuola non devono più entrare e bisogna fare qualcosa subito. Di fronte ad una simile plètora di minori inferociti, dispiace dirlo ma non risulta di alcuna efficacia il post che il Ministro Valditara legittimamente preoccupato ha pubblicato sul suo profilo Facebook ieri, in cui conclude: “Questo ennesimo fatto di violenza evidenzia ancora una volta la necessità di riportare la cultura del rispetto nelle nostre scuole. Auspico che quanto prima il Parlamento approvi il disegno di legge sul voto in condotta e le misure riparative“.
Caro Ministro non ce ne voglia ma qui non c’è più tempo per attendere provvedimenti che, alla luce dei fatti, rasentano il ridicolo in quanto ad efficacia: punire un minore che prende a cazzotti un insegnante o accoltella un compagno con un brutto voto in condotta o l’ora di riflessione sui temi dell’Educazione Civica, fatta peraltro malissimo e senza alcuna credibilità, equivale a mettere un serial killer per qualche mese agli arresti domiciliari con la colf che va a rassettargli la casa e uno chef che gli va a cucinare. Adesso servono i fatti, perché esistono chiari segnali che la deriva di questi piccoli criminali in erba non si risolverà a breve: i minori che agiscono la violenza in modo grave devono essere regolarmente processati e scontare una giusta pena, diversamente, anche in presenza di lesioni di lieve entità devono essere espulsi da scuola immediatamente, perdere con certezza l’anno scolastico per direttissima, senza passare per alcun Consiglio d’Istituto ed alcun Collegio dei Docenti; i lavori socialmente utili, devono andare a farli per un anno intero, nei centri di recupero per tossicodipendenti, negli ospedali, nei centri per anziani, nelle mense della Caritas, ovunque regni la vera sofferenza e si fatica ogni giorno per sopravvivere proprio perché si dà valore alla vita. Nessuno deve sentirsi legittimato ad infilare un coltello nello zaino scolastico e se esistono genitori incapaci di impedirlo ai propri figli è giunto il momento che siano le istituzioni a farlo, o finiremo anche con lo smettere di insegnare, per quanto dovremo snaturarci di fronte al pericolo di non tornare indenni a casa o che non ci torni qualche nostro alunno. Il personale scolastico di certo non vuole questo, nè sono i docenti a doversi adattare a questi delinquenti quanto l’esatto contrario, altrimenti avremo sempre minori possibilità di indicare ai nostri alunni la strada giusta da percorrere, nel rispetto della propria vita e di quella degli altri. Educare è questo, ma la strada dobbiamo indicarla noi: c’è tanto bisogno di lavorare sereni, rendendo più sereno e sicuro l’ambiente scolastico, perché di questa barbarie non ne possiamo più.
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