Lockdown da Covid-19 e invecchiamento precoce degli adolescenti

Lockdown da Covid-19 e invecchiamento precoce degli adolescenti

Un recente studio americano (dell’Università di Washington) ha stabilito che le restrizioni sociali, dovute alla pandemia da Covid-19, hanno provocato un invecchiamento precoce negli adolescenti. Nelle ragazze, l’invecchiamento è stato misurato pari a 4 anni e 2 mesi; nei ragazzi, invece, pari a 1 anno e 4 mesi. L’obbligo di restare a casa, e la chiusura delle scuole, il divieto assoluto di incontrarsi con coetanei, ha provocato, dunque, negli adolescenti un precoce (e notevole) invecchiamento, registrato a livello biologico, attraverso l’assottigliamento della corteccia cerebrale. Non si tratta più, quindi, di un disagio relazionale, psicologico, di ansia, di sfiducia, di paura, e quant’altro. No. Adesso, purtroppo, gli effetti negativi derivanti dalla totale privazione della vita sociale e relazionale sono stati misurati anche a livello fisiologico.La pandemia da Covid-19, dunque, non è stata solo una crisi sanitaria, ma ha provocato anche profondi e radicali cambiamenti nelle nostre vite, specie in quelle degli adolescenti.

Lo studio americano era partito nel 2018, e aveva visto il coinvolgimento di 160 giovanissimi, tra i 9 e i 17 anni, per uno studio tranquillo dei cambiamenti nella struttura cerebrale che si verificano, in condizioni di vita normale, negli adolescenti, appunto. Gli studiosi dell’Università USA avevano calcolato di misurare i cambiamenti nel corso del 2020, ma la pandemia da Covid-19 e il lockdown conseguente hanno imposto una modificadella programmazione fatta. I test di richiamo sono stati riprogrammati per il 2021, con la sconcertante constatazione dei notevoli mutamenti intervenuti, a causa di quell’isolamento sociale, modificando, di fatto, gli obiettivi generali della ricerca stessa. L’obiettivo scientifico della ricerca, cioè, diventava un altro: verificare cosa avesse significato e provocato, per le ragazze e per i ragazzi, restare obbligatoriamente chiusi in casa, non andare a scuola, non incontrarsi con gli amici, non fare sport, e tutto il resto.

L’attenzione dei ricercatori si è, quindi, concentratasulla corteccia cerebrale, che è lo strato esterno del tessuto del cervello umano, utilizzato, generalmente, come indice del livello di maturazione del cervello. In sostanza, più sottile è la corteccia, più vecchio è il cervello. Ebbene, gli scienziati hanno registrato, nel campione di 160 ragazzi, che, per il ben 80%, la corteccia del loro cervello si fosse assottigliata più del dovuto, e che nelle ragazze tale assottigliamento fosse molto più marcato, rispetto ai ragazzi.

L’assottigliamento della corteccia cerebrale, in condizioni normali, si registra con il passare degli anni, con il trascorrere dell’età. In questo caso, stress e avversità da pandemia, hanno, invece, accelerato tale processo di invecchiamento, con la conseguente maggiore esposizione ai disturbi neuropsichiatrici e comportamentali. La maggiore registrazione nelle ragazze, rispetto ai maschi, è dovuta al fatto che le donne soffrono di più dalla mancanza di vita relazionale e sociale.

Per i ragazzi, invece, è destabilizzante la mancanza (o la riduzione) di momenti di sport collettivo. In entrambi i casi, son venuti meno, dunque, i tradizionali vettori di scarico dello stress e del disagio. Il lockdown ha agito in loro in modo più veloce e violento. Negli anziani, tale assottigliamento si associa, per esempio, alrallentamento delle attività cognitive, e alla difficoltà a portare a termini i compiti assegnati. Cosa provocherà, invece, tutto ciònegli adolescenti post Covid-19? Difficile, al momento, rispondere a questa domanda.

Come pure, altra questione scientificamente aperta, è quella secondo la quale tale invecchiamento precoce, negli adolescenti, sarà irreversibile? Ovvero, in condizioni di ritorno alla vita normale, i ragazzi e le ragazze potranno recuperare, con un parziale ispessimento della corteccia cerebrale? Anche su questo, al momento, mancano dati scientifici.

Alla luce di tutto questo, allora, e ad anno scolastico appena iniziato, mi sento di invitare alunni, genitori, docenti, dirigenti, insomma, tutti i corpi sociali e attivi di una comunità scolastica, a vivere le giornate e le attività didattiche con serenità. In particolare, mi rivolgo agli studenti invitandoli a uscire dalle camerette, dalle aule, dalle stanze, dai luoghi chiusi e solitari, per affrontare, serenamente, il labirinto della vita vera, il caos della moltitudine, con tutto il peso delle scelte che la vita vera comporta, compreso il rischio di sbagliare.

Li invito a non commettere lo stesso errore di quel pianista sull’oceano, raccontato da Baricco nel monologo Novecento, che, dinanzi alla complessità della scelta tra le strade, le case, le vite, gli amori, che gli si dipanavano sotto gli occhi, scendendo la scaletta del piroscafo, preferì tornare indietro, e rintanarsi nella cabina. No. Occorre uscire dall’aula, o dalla cameretta, per affrontare il mondo, in mezzo agli altri, e con gli altri. Senza timori di sbagliare. Errare è vivere.