Dress code per “maschietti” e “femminucce” al Convitto Nazionale e madri lavoratrici non previste nel modello di delega per il ritiro degli alunni al IV Circolo di Napoli. E se la circolare del Convitto tiene presente il politically correct ambientalista, la questione delle differenze di genere rimanda ad un modello di almeno mezzo secolo fa.
La denuncia a mezzo Facebook (prontamente ripresa dalla stampa cittadina) arriva da un post su Facebook del Comitato Genitori Scuole Pubbliche Napoli. Che tiene a chiarire che «la parità di genere non passa (solamente) dal colore di un grembiulino o da un modello scritto bene, ma se nelle scuole si iniziasse a pensare più seriamente all’importanza del modello di relazione tra generi che si propone, faremmo tutte e tutti un passettino avanti».
Invece, per il Comitato, i due episodi sono in continuità, sintomo di una visione culturale della differenza di genere, a dir poco anacronistica.
«Nella circolare [del Convitto NdR] si dà per scontato considerare normale la distinzione tra bambini e bambine per colori, in particolare con l’ attribuzione del classico rosa alle “femminucce”» si legge nel post. «Siamo nel 2023, il libro fondamentale “Dalla parte delle bambine” della compianta Gianini Belotti è uscito 50 anni fa, ma evidentemente alcun* DS non l’ hanno letto, o non l’ hanno capito».
«Col secondo modello» continua il Comitato «le bambine col grembiulino rosa sono diventate grandi». Ed evidentemente non hanno un lavoro, avendo «rinunciato a lavorare o a cercare un’ occupazione». «Perché il loro colore è il rosa, il colore degli affetti, della famiglia e del lavoro domestico».
Episodi isolati? Macché, spiegano, «crediamo infatti che il Convitto, nel promuovere questa assurda distinzione, sia in ottima compagnia».