La mobilità interprovinciale docenti è di nuovo ferma al 25%: sarà come sempre la terza fase degli spostamenti, dopo quelli comunali e provinciali sul 100% dei posti disponibili, la cui domanda si potrà presentare dal 26 febbraio al 16 marzo 2024. Per Valditara l’accordo sulla mobilità è un: – “Risultato importante. Tutelate le esigenze familiari e poste le basi per valorizzare le professionalità nel campo dell’innovazione didattica” -.
È quanto si legge in un comunicato del MIM, che oggi ha sottoscritto il Contratto collettivo nazionale integrativo sulla mobilità del personale della scuola per l’anno scolastico 2024/2025, in un clima, si legge – “di proficua collaborazione con le organizzazioni sindacali di categoria“- .
Sembra l’annuncio di chissà quali novità ma, in realtà, non è che l’arte di osannare il nulla sulla pelle dei docenti. Il contentino previsto per i neoassunti che hanno un parente disabile da assistere o un figlio minore di 12 anni, non farà che rimarcare le discriminazioni ed aumentare il malcontento, ponendo le basi ad un altro periodo di grande tensione. Sempre peggio poi, per i docenti di ruolo fuori sede già da anni, per i quali le possibilità di rientrare continuano ad essere un miraggio.
L’accordo – si legge ancora nel comunicato del MIM – ha permesso di integrare il CCNI vigente per applicare già ai trasferimenti del prossimo anno scolastico le novità introdotte dal Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), sottoscritto in via definitiva il 18 gennaio scorso. In questo modo sarà data attenzione alle esigenze familiari del personale della scuola e, in particolare, alle situazioni soggettive di chi ha figli minori di 12 anni o ai cosiddetti caregiver, cioè coloro che prestano assistenza e cura a familiari disabili. –
In realtà l’attenzione alle esigenze familiari del personale della scuola è pressoché inesistente, in base a poche semplici considerazioni:
1) i docenti che hanno figli minori di 12 anni si guardano bene dallo scegliere una provincia di titolarità che non gli permetterebbe di crescerli, dunque sono con tutta probabilità una minoranza.
2) Non si considerano i docenti che attendono di rientrare proprio perché fuori provincia, con il costo alto della vita, a fare figli non possono nemmeno pensarci. Nessuna politica, dunque, per contrastare il calo demografico.
3) Non si considerano i docenti che hanno figli di età superiore ai 12 anni, come se un figlio di 13, 15 o 18 anni non avesse gli stessi diritti di uno più piccolo.
4) Non si considerano i docenti immobilizzati che sono fuori da ben oltre il vincolo triennale e che, rispetto agli altri, risultano ancora quelli meno tutelati di tutti nonostante merito e servizio.
“È stato raggiunto un importante risultato – ha dichiarato il Ministro Giuseppe Valditara – ampliando le tutele per il personale con esigenze familiari e di assistenza e ponendo le basi per una più ampia revisione del prossimo contratto integrativo, con l’obiettivo di valorizzare le tante professionalità impegnate nel campo dell’innovazione didattica”.
Anche questa è fuffa: negli ultimi mesi il personale docente ha chiesto in ogni modo l’abolizione dei vincoli e l’ottimizzazione della sede, ancora una volta, invano.
La coperta è evidentemente corta, ma ciò che lascia interdetti è che la si tiri sempre dalla stessa parte lasciando scoperti i trasferimenti interprovinciali, che continuano pertanto ad essere l’ultima ruota del carro: non è un mistero che il nostro sistema dia inspiegabilmente il massimo a spostamenti minimi, prima e seconda fase, sacrificando sull’altare di altri spostamenti chi è già partito in svantaggio. Possiamo agevolmente concludere che i docenti di ruolo non sono tutti uguali? Certo, e sarà così fino a quando i posti per le immissioni in ruolo (50% della terza fase) e per la mobilità professionale (25% della terza fase) attingeranno dalle cattedre dei docenti di ruolo fuori sede (rimanente 25%), il che sta diventando storia vecchia che nemmeno più ai sindacati sembra interessare, nonostante l’impossibilità di rientrare nella propria provincia di residenza sia diventata ormai, nella congiuntura economica e nella crisi familiare del nostro tempo, una vera emergenza.