Le prospettive pensionistiche per i nati negli anni Settanta si fanno sempre più critiche. Secondo recenti proiezioni, per raggiungere il massimo dei contributi, i lavoratori di questa generazione potrebbero essere costretti a lavorare fino a 72 anni e mezzo, e in alcuni casi anche fino a 75 anni. Una situazione che rischia di diventare insostenibile, soprattutto per chi opera nel mondo della scuola.
Il quotidiano Il Messaggero ha pubblicato un’analisi che conferma le previsioni già avanzate da diversi osservatori, utilizzando il simulatore Inps “Pensami – Pensione a misura“. Secondo queste stime, un giovane di 25 anni che ha iniziato a lavorare da un anno, potrebbe andare in pensione anticipata solo a 70 anni, o a 70 anni e sei mesi se si tratta di pensione di vecchiaia, sempre che abbia accumulato almeno 46 anni e 4 mesi di contributi. Per coloro che non raggiungono i 20 anni di contributi, ma ne hanno almeno 5, l’età di pensionamento potrebbe allungarsi fino a quasi 75 anni.
Questo scenario è particolarmente preoccupante per il settore dell’istruzione. L’insegnamento come tutti gli altri ruoli nel mondo della scuola, richiedono grande energia fisica e mentale, e lavorare in condizioni di stress e pressione costanti fino a un’età così avanzata può risultare estremamente difficile. Nonostante il riconoscimento del burnout come rischio professionale nella pubblica amministrazione, gli insegnanti, ad eccezione di quelli della scuola dell’infanzia, non sono ancora considerati lavoratori gravosi. Questo mancato riconoscimento è sorprendente, considerando il continuo contatto con gli alunni, che espone gli insegnanti a rischi biologici e psicologici significativi.
È evidente che la normativa attuale non tiene adeguatamente conto delle specificità del lavoro scolastico. Per garantire un pensionamento sostenibile e dignitoso, sarebbe opportuno rivedere i criteri di accesso alla pensione per chi lavora nella scuola, equiparando almeno in parte le loro condizioni a quelle di altre categorie con lavori usuranti. Inoltre, concedere il riscatto gratuito degli anni universitari potrebbe rappresentare un giusto riconoscimento del lungo percorso di formazione richiesto per diventare insegnanti.
In un contesto in cui il sistema pensionistico italiano appare sempre più rigido e penalizzante, la situazione del personale scolastico è particolarmente critica. Se non verranno adottate misure correttive, il rischio è che migliaia di insegnanti e lavoratori della scuola si trovino a dover affrontare un pensionamento tardivo e, per molti, insostenibile. La necessità di un intervento urgente è chiara: è fondamentale che il governo e le istituzioni competenti riconoscano la peculiarità del lavoro scolastico e adottino misure che permettano un pensionamento più equo e realistico per chi ha dedicato la vita all’educazione delle nuove generazioni.