La Corte di Giustizia europea conferma l’illegittimità della legge italiana che continua a discriminare i precari immessi in ruolo non riconoscendo per intero da subito il servizio da precari svolti oltre i quattro anni e inferiore a 180 giorni: oggi, 30 novembre, è arrivata una nuova sentenza della Corte UE sulla causa C-270/22, a distanza di cinque anni dalla sentenza Motter (C-466/17), ma anche di quattro anni da quella della Cassazione n. 31149/2019 ottenute dai legali Anief e dopo l’intervento ultimo del legislatore di adeguamento alla normativa europea per i neo-assunti dal 1 settembre con la legge 10 agosto 2023 n. 103. Per questo Anief rinnova l’invito a ricorrere presso i tribunali del lavoro per ottenere il giusto risarcimento rispetto alla giurisprudenza euro-unitaria. Per adesioni vai al link.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “la Corte di Giustizia europea con questa nuova sentenza, dopo la Motter ottenuta dai legali Anief, conferma l’illegittimità della norma italiana sulla ricostruzione di carriera del personale, laddove non considera integralmente gli anni di servizio pre-ruolo superiori al quarto anno o inferiore a 180 giorni di servizio (art. 489 del d.lgs. 297/94). Il legislatore italiano ha modificato il testo unico per i neo-assunti a decorrere dal 1° settembre 2023 grazie comunque alla continua opera di tutela giudiziaria che Anief porta avanti dal 2010 e dalla prima sentenza ottenuta nel 2014 della CGUE (Mascolo)”.
Grazie ai ricorsi patrocinati dai legali Anief, infatti, ammonta a 350 mila euro settimanali il risarcimento mediamente assegnato ai ricorrenti nelle più di 100 cause discusse, a causa dell’abuso dei contrari a termini (più di 10 milioni di euro di risarcimento nel solo 2023) e della violazione del principio di parità di trattamento tra personale precario e di ruolo (scatti di anzianità, salario accessorio RPD- CIA, carta docenti, ferie, ricostruzione di carriera).
LA SENTENZA DI OGGI
Estratto del dispositivo della sentenza CGUE:
“Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio”.