Circa 70 euro in meno ogni 30 giorni di lavoro: è la quota che viene sottratta in modo illegittimo e sistematico dallo stipendio del personale Ata precario con contratti di supplenza per periodi brevi o temporanei: ad essere negato è il “compenso individuale accessorio” (cosiddetto CIA), che però può essere recuperato presentando apposito ricorso con Anief. Come ha fatto un collaboratore scolastico, che con il ricorso presentato il 29 novembre 2021 al tribunale di Bari, in meno di un anno ha recuperato oltre 500 euro più interessi relative alle supplenze brevi svolte nell’anno scolastico 2020/2021.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che “in base alla parte normativa del contatto collettivo nazionale 2016/2018 la retribuzione professionale docenti (RPD, pari a 170 euro al mese) e il contributo individuale accessorio ATA (CIA) rimangono negati ai supplenti brevi e saltuari e riconosciuti soltanto ai supplenti con contratti in scadenza 30 giugno o 31 agosto, la giurisprudenza, nel rispetto del diritto euro-unitario e del principio di non discriminazione, ha infatti nel frattempo riconosciuto a tutti i lavoratori precari tale assegno mensile. Per i giudici, al di là della durata del rapporto di lavoro, queste ‘voci’ stipendiali vanno sempre assegnate. È ora di cambiare la norma. Nel frattempo, i lavoratori hanno hanno la possibilità immediata, nel volgere di alcuni mesi, di recuperare RPD e CIA, con tanto di interessi, aderendo al ricorso Anief”.
Il lavoratore, che ha prestato servizio per complessivi 230 giorni, per 36 ore settimanali, ha lamentato, si legge nella sentenza, lamenta “la mancata corresponsione del “compenso individuale accessorio” (cd. CIA), pari ad euro 66,90 mensili, motivato dal non essere dipendente di ruolo né dipendente assunto per supplenze annuali ovvero per supplenze fino al termine delle attività didattiche. Ha quindi sostenuto che, essendo il compenso individuale accessorio l’omologo della “retribuzione professionale docenti” (“RPD”) prevista dall’art. 7 del CCNL 15.3.2001 per i docenti, ritiene di avere diritto a tale emolumento secondo il combinato disposto dell’art. 7 del CCNL del 2001 e dell’art. 25 del CCNL del 31.8.1999, nonché in forza del principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato sancito dall’art. 6 del D.lgs. 368/2001 e dalla clausola 4 dell’Accordo allegato alla direttiva UE 1999/70/CE, con conseguente domanda di condanna del Miur al pagamento in suo favore della somma di € 512,90 per le supplenze espletate nel periodo indicato, con favore di spese di giudizio, da distrarsi”.
Nella sentenza si legge che la questione è stata affrontata dall’ordinanza n. 20015/18 della Suprema Corte, che ha ritenuto fondata la pretesa, trovando applicazione il principio di non discriminazione espresso dalle fonti normative e giurisprudenziali europee e rilevando che “non essendo provate significative diversificazioni nello svolgimento dell’attività lavorativa fra assunti a tempo determinato e supplenti temporanei, anche per il personale ingaggiato per espletare incarichi di durata inferiore a quella annuale si pongono le medesime finalità di valorizzazione della funzione docente e di riconoscimento del ruolo svolto dagli insegnanti, in relazione alle quali il trattamento accessorio è stato istituito”. Inoltre, “l’emolumento in esame ha natura fissa e continuativa e non è collegato a particolari modalità di svolgimento della prestazione del personale docente ed educativo (cfr. Cass. n. 17773/2017). L’emolumento rientra dunque nelle “condizioni di impiego” che, ai sensi della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, il datore di lavoro, pubblico o privato, è tenuto ad assicurare agli assunti a tempo determinato i quali “non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive” (cfr. Cass. n. 20015 del 2018)”.
Pertanto, continua il giudice di Bari, “una diversa interpretazione finirebbe per porre la disciplina contrattuale in contrasto con la richiamata clausola 4 (in questo senso Cass. n. 20015 del 2018 cit.; v. ad ulteriore conferma Cass. 6293/2020). Si ritiene che i medesimi principi, affermati dalla S.C. in relazione alla RPD, siano applicabile anche al CIA spettante al personale ATA ai sensi dell’art. 25 del CCNI 31.8.1999 anche per supplenze brevi e saltuarie, sussistendo le medesime ragioni di divieto di discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato. Anche la giurisprudenza di merito, in maniera pressoché unanime, si è pronunciata favorevolmente in ordine alla spettanza a che trovasi nella condizione giuridica sulla ricorrente della retribuzione professionale docenti, rilevando che “non è dato riscontrare – per quanto qui di interesse – alcuna “ragione oggettiva” che giustifichi il mancato riconoscimento della retribuzione professionale docenti agli insegnanti titolari di supplenze temporanee, atteso che l’attività di docenza svolta da questi ultimi è certamente comparabile a quella prestata dai docenti della medesima classe di concorso immessi in ruolo o titolari di supplenze per l’intera durata dell’anno scolastico o fino al termine delle attività didattiche”.
Dopo avere riassunto il senso di alcune sentenze esemplari, orientate all’assegnazione della Rpd e del Cia, il giudice ha concluso che il collaboratore scolastico che ha presentato ricorso ha diritto “ad ottenere la corresponsione del “Compenso Individuale Accessorio” previsto dal CCNL 15.3.2001 e successive modificazioni per le supplenze svolte nell’a.s. 2020/2021 e, per l’effetto, condanna il Ministero convenuto al pagamento in favore di parte ricorrente della somma di € 512,90, oltre a interessi e rivalutazione monetaria come per legge”. Inoltre, “condanna il Ministero convenuto a rifondere le spese processuali sostenute dalla parte ricorrente, che liquida complessivamente in Euro 260,00, oltre ad Euro 21,50 per esborsi, oltre al rimborso forfetario 15% per spese generali, CPA ed IVA come per legge, da distrarsi in favore dei procuratori costituiti per averne dichiarato l’anticipazione”.
I lavoratori che aderiscono al ricorso possono chiedere il recupero della RPD (per i docenti) o del CIA (per il personale Ata) non corrisposte negli ultimi cinque anni: quasi uno stipendio in più per ogni anno di servizio svolto. Anief ha aperto le adesioni al ricorso.