Scuola: Prove invalsi, DAD e la moltiplicazione dei concorsi

Scuola: Prove invalsi, DAD e la moltiplicazione dei concorsi

Sono stati pubblicati i risultati delle prove INVALSI effettuate nella scuola durante la pandemia. Quest’anno sotto accusa è la DAD. Dai risultati delle prove è emerso che il livello di apprendimento è diminuito con una correlazione con le regioni e le fasce d’età che hanno più utilizzato la DAD.

Ma chi è il reale colpevole degli scarsi risultati delle prove INVALSI?

Non certo gli insegnanti o degli alunni lasciati soli a gestire il virus. La DAD è una didattica di emergenza, che “obtorto collo” abbiamo accettato e subito per una serie di errori storici che, in occasione della emergenza pandemica, si sono manifestati in tutta la loro emergenza. Tra questi i più macroscopici sono la mancanza di investimenti nella edilizia scolastica (nuove scuole e impianti di sanificazione dell’aria), il numero esiguo di organico con la conseguente formazione di classi pollaio, la dislocazione insensata di docenti per troppo tempo immobilizzati fuori della loro provincia, l’eccesso di precari e ,conseguentemente, di supplenze, la disomogenea offerta del tempo pieno tra nord e sud Italia, una scarsa organizzazione dei trasporti dedicati alla scuola. Purtroppo la situazione che ci aspetta a Settembre 2021 è la stessa di Settembre 2020 con un aggravante: “l’organico Covid”. Docenti che non saranno utilizzati per l’interno anno, ma con contratto fino a Dicembre e se ce ne sarà bisogno. In buona sostanza un precario del precario con un costo di più di 400 milioni di euro!

La soluzione dei tanti problemi che causano il malfunzionamento del mondo della scuola non è né la creazione del “precario al quadrato”, né la moltiplicazione dei concorsi a “crocette del totocalcio” (7 concorsi nel prossimo anno). Tra l’altro la scandalosa gestione del concorso a dirigente scolastico del 2017 dimostra quanto sia fallace e desueto la selezione “a concorsi” per la scuola in Italia. Occorrono più docenti, salari adeguati, una formazione continua e una ottimizzazione della distribuzione degli insegnanti sul territorio. L’Italia povrebbe-dovrebbe seguire l’esempio di altri paesi europei in cui si premia l’esperienza e la formazione “sul campo”, cominciando con l’attivazione di percorsi formativi abilitanti per tutti quei precari, oramai quasi 200000, che hanno retto con professionalità e sacrificio la scuola italiana.

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