La Lega torna a coltivare uno dei suoi obiettivi più cari: la regionalizzazione dell’istruzione. Già nei prossimi giorni, a meno di un mese dalla costituzione del Governo Meloni, il ministro Roberto Calderoli presenterà alle Regioni un testo per l’autonomia differenziata, andando in questo modo incontro anche ai presidenti di alcune Regioni particolarmente interessate ad una repentina approvazione della legge. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, per il momento non reputa però questo progetto una priorità: “Non è all’ordine del giorno”, riportano fonti al Ministero dell’Istruzione, si legge oggi su Il Mattino. “In questo momento ci sono cose più importanti: il dimensionamento scolastico, l’orientamento, il rinnovo del contratto”, ha aggiunto Valditara.
Eppure, nell’idea del governo il decentramento di tutte le materie previste, compresa l’istruzione, dovrebbe essere varato dal Consiglio dei Ministri già prima di Natale, con un decreto legge, per arrivare in Parlamento all’inizio del 2023 l’esame ed entro un anno per il varo definitivo. Evidentemente, i tempi per la regionalizzazione dell’istruzione non sono ancora maturi. Anche perché la sua approvazione cambierebbe molto l’attuale panorama formativo. Con l’approvazione dell’autonomia differenziata, scrive la stampa specializzata, “diventerebbero regionali l’organizzazione didattica, il sistema delle graduatorie e degli stipendi dei docenti. Ma anche l’offerta formativa e l’assegnazione di contributi alle scuole paritarie”.
Il sindacato Anief è da sempre contrario a progetti legislativi secessionisti: “Non vi sono le condizioni per pensare che sia possibile assegnare stipendi maggiorati per i lavoratori della scuola di alcune Regioni rispetto che ad altre. In questo momento, quasi un milione e mezzo di docenti e Ata riceve stipendi troppo al di sotto dell’inflazione per pensare a differenziazioni. Ha ragione il ministro Valditara quando dice che il rinnovo del contratto ha la precedenza su tutto. In assoluto, però, rimaniamo convinti che la regionalizzazione della scuola, come della sanità e di altre funzioni, sia una scelta inapplicabile nello Stato italiano. A meno che non si cambi la madre di tutte le leggi”.
“Comunque, lo diciamo subito: se il Governo dovesse approvare la regionalizzazione della scuola, noi dal giorno dopo ci faremo promotori perché si avvii un referendum abrogativo: siamo pronti a scomodare la Corte Costituzionale, immediatamente dopo l’eventuale approvazione dell’autonomia differenziata applicata alla scuola. Siamo d’accordo per l’assegnazione di indennità: per chi opera in sedi lontane da casa o in territori disagiati, come pure di rischio e altre ancora. Ma non inventiamoci buste paga differenziate a seconda delle città o delle regioni di servizio. Come pure non accetteremmo eventuali vincoli sulle assunzioni ed in generale della mobilità, come non vogliamo nemmeno sentire parlare di un reclutamento territoriale: i lavoratori della scuola vincitori di concorso – conclude Pacifico – devono avere la possibilità di spostarsi dove c’è posto”.