Il ministro Bianchi, come già abbiamo accennato in un articolo precedente, promette una scuola in presenza per il nuovo anno scolastico, ma gli studenti delle superiori, come quelli più piccoli, devono poter tornare in classe appena possibile per evitare che sprofondino in uno stato di alienazione non più recuperabile.
“Riapriamo le scuole, riaprite le scuole”. Questo chiedono genitori e figli, insegnanti, pedagogisti e psicologi scesi in piazza a Milano e a Roma, Trieste, Genova. Piano piano qualcosa si sta muovendo, anche se ancora un po’ timidamente.
Ora l’esecutivo guidato da Mario Draghi dovrebbe entrare nell’ottica che non va perso nemmeno più un giorno di scuola. Un paio di giorni di didattica a distanza per i bambini è già troppo, come si può pensare che un bambino a sei anni stia avanti a un pc o tablet ad ascoltare la maestra? Si trovano in difficoltà tantissime famiglie, costrette anche oltretutto allo smart working. Il premier, seguito ieri dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, si è impegnato a riaprire «almeno fino alla prima media» appena le condizioni epidemiologiche lo consentiranno. Precedenza ai più piccoli, come non essere d’accordo?
Ma questa attenzione, sacrosanta, ai bisogni dei bambini e delle loro famiglie non deve far dimenticare il sacrificio che è già stato chiesto alle loro sorelle e ai loro fratelli maggiori. Sono loro ad aver pagato finora il prezzo più alto. Le scuole superiori, non hanno mai ripreso a pieno ritmo le lezioni in presenza e sono quei giovani che si formano proprio alle scuole superiori che rappresentano il futuro della nostra nazione. Già a settembre, in due scuole su tre, gli adolescenti dovevano stare in classe a turno per rispettare il distanziamento. Ai primi di novembre il governo Conte ha deciso di chiuderle del tutto: colpa della seconda ondata. Le misure di contenimento — mascherine, distanziamento, finestre aperte, nuovi banchi, orari scaglionati, improvvisamente non bastavano più. Poi si è aggiunto il problema dei trasporti, ed altri problemi ancora.
Un ragazzo di 14 anni da solo a casa rischia di sconnettersi — non solo dal suo pc — e pian piano di perdersi del tutto. E quando succede, a perderci non è solo il ragazzo, ma una nazione intera.