“A decorrere dall’anno scolastico 2020/2021 la valutazione periodica e finale degli apprendimenti è espressa, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle Indicazioni Nazionali, compreso l’insegnamento trasversale di educazione civica, attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione, nella prospettiva formativa della valutazione e della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti. I giudizi descrittivi sono riferiti agli obiettivi oggetto di valutazione definiti nel curricolo d’istituto e sono correlati a differenti livelli di apprendimento.”
Così l’allora MIUR (guidato da Lucia Azzolina) presentava, attraverso l’ordinanza 172/2020, il nuovo sistema di valutazione degli apprendimenti per la scuola primaria.
A quasi tre anni da quel 4 dicembre 2020 proviamo a tracciarne un bilancio.
Innanzitutto prendiamo in esame il segmento di applicazione: la sola scuola primaria, senza che almeno la secondaria di primo grado sia stata coinvolta nel processo.
Ci si ritrova così ad utilizzare un metro di valutazione che, nato con l’intento di accompagnare i bambini nel loro iter scolastico e di sottolineare gli apprendimenti acquisiti attraverso la valutazione formativa, non trova gli stessi parametri nel passaggio tra la quinta primaria e il primo anno di secondaria. Ma non si parlava di continuità ?
E qui passiamo al secondo collo di bottiglia: le famiglie restano disorientate e mal digeriscono i giudizi descrittivi perché poco chiari, soprattutto ai genitori che per bassa scolarità o appartenenza linguistica non comprendono appieno le valutazioni. Già alcuni movimenti di genitori si sono mossi in tal senso.
Ma non si parlava di inclusività?
Terzo aspetto: per la maggior parte dei maestri e delle maestre i cosiddetti quattro “livelli” (in via di acquisizione, base, intermedio e avanzato) stabiliti per la valutazione finale risultano incompleti.
I docenti in questione lamentano infatti la necessità di un ulteriore livello che interpreti le competenze che si collocano tra il livello base e quello intermedio. Quest’ultimo, infatti, accoglie gli apprendimenti dei bambini che superano il livello base, e che sono lontani dal raggiungere quello avanzato. Una platea molto (troppo) vasta, che, nella scuola del merito trova poca rispondenza.
Insomma, a tre anni dallo switch ci sono ancora aspetti che devono ancora essere presi in considerazione e migliorati. Al governo Meloni e a Valditara spetta una seria valutazione.