Femminicidio di Martina Carbonaro, De Luca: “Una 12enne fidanzata è un problema”. Scoppia la polemica, ma il dibattito resta aperto
Le parole del presidente della Regione Campania sul caso della 14enne uccisa ad Afragola suscitano critiche e reazioni, ma aprono anche una riflessione sul ruolo degli adulti e sul confine tra libertà...


Le parole del presidente della Regione Campania sul caso della 14enne uccisa ad Afragola suscitano critiche e reazioni, ma aprono anche una riflessione sul ruolo degli adulti e sul confine tra libertà affettiva e vigilanza educativa.
Hanno sollevato forti reazioni le parole di Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, pronunciate in seguito al tragico femminicidio della giovane Martina Carbonaro, la 14enne di Afragola uccisa dall’ex fidanzato 19enne, Alessio Tucci. De Luca ha affermato: «Una ragazza di 12 anni che si fidanza è un problema. È una bambina, e nessuno dice niente? Per me non è normale».
Una dichiarazione che ha scatenato una tempesta di commenti, in particolare sui social, dove molti hanno letto in queste parole un tentativo implicito di spostare l’attenzione dalla violenza del carnefice alla condotta personale della vittima. Tuttavia, la posizione del governatore – pur espressa con toni diretti – pone interrogativi che meritano un esame più ponderato.
Un’affermazione controversa o un monito educativo?
Secondo alcuni osservatori, De Luca avrebbe voluto richiamare l’attenzione sul ruolo educativo della famiglia e della società nel monitorare precocemente le dinamiche affettive adolescenziali, specialmente quando coinvolgono minori molto giovani.
È lecito, in effetti, chiedersi se un fidanzamento a 12 anni, età considerata ancora infantile sotto il profilo psicologico e relazionale, debba essere semplicemente accettato o, quantomeno, accompagnato da un’attenta supervisione adulta. Ma è altrettanto lecito domandarsi se questa riflessione non finisca per offuscare la responsabilità esclusiva dell’aggressore, che in questo caso era maggiorenne e ha reagito con violenza estrema alla fine di una relazione.
Il botta e risposta con Valeria Angione
A replicare con durezza è stata l’influencer e attivista Valeria Angione, che ha accusato De Luca di aver introdotto elementi moralistici e colpevolizzanti: «Il problema non è che Martina si è fidanzata a 12 anni. Il problema è che qualcuno l’ha uccisa. Punto». Il suo intervento ha trovato ampia risonanza nel dibattito online, con molti utenti che hanno visto nel messaggio di De Luca una forma di “vittimizzazione secondaria”, ovvero la tendenza a discutere le scelte o i comportamenti della vittima invece di concentrarsi esclusivamente sulla violenza subita.
Tuttavia, il confine tra una riflessione educativa e un giudizio implicito può essere sottile. Ed è su questa linea ambigua che si è collocato il dibattito nei giorni successivi.
Una questione delicata: adolescenti, relazioni e sorveglianza adulta
Al centro della questione c’è il tema delle relazioni sentimentali tra adolescenti. Se da un lato è innegabile che la preadolescenza – soprattutto oggi – esponga i giovani a una precoce socializzazione affettiva anche tramite i social media, dall’altro la figura del fidanzamento “formale” tra una dodicenne e un diciassettenne (al tempo dell’inizio della relazione) può sollevare interrogativi legittimi.
De Luca, in questo senso, sembra voler lanciare un appello alla vigilanza educativa, senza – almeno nelle sue intenzioni – voler scaricare la colpa sulla vittima. Il suo punto sembra essere: quando una relazione precoce non viene intercettata da scuola e famiglia, può degenerare in forme disfunzionali, anche gravi.
Eppure, l’utilizzo del termine “problema” riferito alla vittima ha reso il messaggio ambiguo, offrendo margine a interpretazioni che vanno dalla paternalistica preoccupazione fino a una (non voluta?) svalutazione della libertà affettiva giovanile.
Violenza di genere: i messaggi pubblici contano
In un momento storico in cui il femminicidio è riconosciuto come un fenomeno strutturale e sociale, le parole delle figure istituzionali assumono un valore ancora più rilevante. La reazione pubblica alla dichiarazione di De Luca sottolinea quanto sia importante la precisione nel linguaggio e quanto sia facile, anche involontariamente, cadere in narrazioni ambigue che rischiano di confondere responsabilità personali e dinamiche familiari o culturali.
Il rischio, infatti, è quello di spostare l’asse del discorso: non più chi uccide, ma chi si fida; non più chi aggredisce, ma chi ama troppo presto.
Un dibattito aperto tra protezione e libertà
Resta comunque legittima e necessaria la riflessione su come proteggere meglio i minori, su quale sia il ruolo della famiglia e della scuola nel guidarli in un’età di trasformazione profonda. E anche su quanto la società sia oggi attrezzata a leggere i segnali di relazioni pericolose, anche quando sembrano innocue, anche quando cominciano presto.
La domanda centrale potrebbe essere: è anomalo che una dodicenne abbia una relazione con un ragazzo più grande? E se lo è, chi dovrebbe intervenire? E in che modo?. In questo senso, la frase di De Luca – per quanto polarizzante – può essere occasione di discussione, se sottratta ai toni del confronto ideologico.
Attenzione al linguaggio, ma anche ai contesti
Il caso di Martina Carbonaro resta un crimine orrendo, compiuto da chi non ha accettato un “no” come risposta. In questo, non ci sono attenuanti o equivoci. Ma attorno a casi come questi è fondamentale aprire spazi di discussione che tengano insieme diritti, tutela, maturità, libertà e responsabilità adulta.
Le parole di De Luca, forse pronunciate con l’intento di provocare una riflessione, mostrano quanto sia difficile oggi parlare di educazione affettiva, adolescenza e prevenzione della violenza senza rischiare di essere fraintesi.
E forse il vero compito delle istituzioni è proprio questo: usare parole chiare e costruttive, che pongano domande senza creare colpe improprie.