GIORNATA MONDIALE DOCENTE - Il 25% è precario, dai 60 anni soffre di burnout, meno pagato degli altri dipendenti PA
Non può trasferirsi e fare carriera, gli negano i buoni pasto, indennità di trasferta se fuori sede, formazione per la pensione


Oggi, la giornata mondiale degli insegnanti fa riemergere i mali della professione: in Italia almeno un docente su quattro è precario (250mila), gli over 60 soffrono in alta percentuale di burnout (230mila), gli insegnanti risultano sottopagati rispetto ad altri lavoratori del pubblico impiego (con gap negativo annuo di 10mila euro) e anche del privato, sono “immobilizzati” (con gratuiti blocchi per i trasferimenti di sede di servizio), gli negano i buoni pasto mentre in altri comparti (come le Funzioni centrali) vengono assegnati anche quando i lavoratori sono in smart working, non hanno indennità di trasferta, neanche quando lavorano fuori sede, non gli riconoscono gli anni di formazione per la pensione e non hanno possibilità di attuare forme di carriera verticale e orizzontale. Tuttavia è il docente italiano per arrivare alla cattedra rimane iper-selezionato attraverso i concorsi, deve svolgere diversi master e plurime verifiche in ingresso, pur essendo già titolato, visto che l’80% è in possesso del titolo di formazione universitario.
“Stiamo descrivendo – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – dei professionisti della formazione, ma che in pratica fanno quasi volontariato, pur svolgendo un lavoro di valore assoluto, a volte sono anche attaccati dall'opinione pubblica e dalle famiglie: eppure, continuano ad essere un punto di riferimento per la maggior parte degli studenti, per i quali ogni giorno continuano ad andare in classe e per i quali hanno fatto lezione da casa quando le scuole erano chiuse durante la pandemia, inventandosi la didattica a distanza quando ancora non era stata quasi mai sperimentata”.
“Per valorizzare una delle professioni più importanti per la vita dei cittadini del nostro Paese la strada è quindi ancora lunga – continua Pacifico – e sarebbe allora bene porsi alcune domande: quando un Governo di turno si ricorderà dell’importanza sociale del docente? Quando l'opinione pubblica apprezzerà la sua importanza seriamente, come al tempo del Covid? Perché nel 2001 il suo stipendio era di poco superiore a quello di un dipendente senza laurea dei ministeri e oggi è inferiore di un terzo? Perché negli ultimi 10 anni la docenza italiana ha visto aumentare il tasso di precarietà del 200%? Perché l’insegnante deve aspettare 67 anni per andare in pensione rispetto a chi nelle forze armate e di polizia lascia il lavoro a 59 anni? Perché deve pagare 30 mila euro per riscattare una laurea, quando per gli ufficiali è gratuita?”.
Secondo il sindacato Anief bisognerebbe porre queste domande anche allo stesso corpo docente: “Già – spiega ancora il presidente nazionale -, perché potremmo cominciare a diventare massa critica, a sindacalizzarci, visto che la metà non ha una tessera sindacale e il tasso di adesioni agli scioperi raramente supera il 2%, e anche a reclamare con forza i nostri diritti, per troppo tempo calpestati sull'altare dell'alta missione educativa di cui ci sentiamo responsabili”.