Docente di religione precaria per 23 anni riceve indennizzo record di 80 mila euro più interessi: a Verbania il giudice non fa sconti allo Stato produttore di “abusiva reiterazione dei contratti a termine”, vittoria Anief
Docente di religione precaria per 23 anni riceve indennizzo record di 80 mila euro più interessi: a Verbania il giudice non fa sconti allo Stato produttore di “abusiva reiterazione dei contratti a termine”, vittoria Anief

È salato il conto pagato dallo Stato italiano per l’abusiva reiterazione dei contratti a termine e il conseguente blocco stipendiale degli insegnanti: il Tribunale del lavoro di Verbania ha emesso una sentenza a favore di una docente di religione, difesa dal legale Anief Giovanni Rinaldi, a seguito del trattamento iniquo ricevuto durante i 23 anni di precariato, decretando nei suoi confronti quasi 80 mila euro di risarcimento complessivi, a cui vanno aggiunti gli interessi maturati dal 2022 ad oggi.
Nello specifico, il Ministero dovrà risarcire all’insegnante “2.266,47 euro oltre a interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo” per “abusiva reiterazione di contratti a termine”; ma la docente dovrà essere risarcita anche per la mancata “progressione stipendiale spettante in base a quanto previsto dall’art. 53, comma 5, L. 312/80 ed al pagamento delle relative differenze stipendiali, così maturate, nei limiti della prescrizione quinquennale calcolata a ritroso dalla notifica del ricorso in data 6.2.2025, da quantificarsi in € 27.032,29 euro” anche in questo caso integrati da “interessi legali dalla data della maturazione del relativo diritto al saldo”.
La docente di religione, si legge nella sentenza, aveva “prestato servizio alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione come docente di religione dall’a.s. 2002/2003 ininterrottamente sino al 2024/2025, quindi per oltre 36 mesi, sulla base di contratti a termine per la copertura dell’intero anno scolastico (dal primo settembre al 31 agosto), con il meccanismo di rinnovo automatico e, comunque, in assenza di ragioni sostitutive di personale temporaneamente assente”.
Alla richiesta di “accertare l’abusiva reiterazione dei contratti a termine” e l’eventuale condanna dell’amministrazione “convenuta al risarcimento del danno nonché al versamento dei cosiddetti scatti biennali della retribuzione”, il giudice ha verificato che “la questione è stata oggetto di recenti interventi della Corte di Cassazione, cui si ritiene di aderire perché pienamente condivisibili (Cass. n. 18698/2022; vd. anche Cassazione civile sez. lav., 12/08/2022, n.24761, Cassazione civile sez. lav., 15/07/2022, n.22420 tutte da intendersi qui richiamate ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.). Con dette pronunce la Corte di Cassazione, ripercorrendo le disposizioni di interesse dettate dalla stratificata legislazione in materia di insegnamento della religione cattolica e i principi di riferimento del diritto dell’Unione, così come recentemente declinati, in subiecta materia, dalla sentenza della Corte di Giustizia del 13 gennaio 2022, ha affermato” una serie di “principi di diritto che devono trovare applicazione al caso di specie”.
Sempre il giudice del Tribunale di Verbania ha dedotto che “calando i principi esposti dalle pronunce richiamate alle fattispecie oggetto di causa, non vi è dubbio, dunque, che l’ininterrotta serie di contratti annuali che ha coinvolto la ricorrente costituisca senz’altro un abuso nell’utilizzazione della contrattazione a termine, realizzando la protrazione di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza d’indizione del concorso triennale”, specificando che “in particolare, l’abusiva reiterazione dei contratti si è verificata a partire dall’a.s. 2005/2006
coinvolgendo 20 annualità”.
“Quanto alla tutela riconoscibile alla ricorrente – scrive ancora il giudice del lavoro – si ritiene di fare riferimento al nuovo testo dell’art. 36, comma 5 del d.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 12 d.l. 131/2024 che prevede ora: “Nella specifica ipotesi di danno conseguente all’abuso nell’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, il giudice stabilisce un’indennità nella misura compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo alla gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto”.
La sentenza di Verbania spiega pure che “in merito agli scatti biennali ex l. 11 luglio 1980, n. 312, ex art. 53 comma 5, anch’essi reclamati dall’istante, la Corte di Cassazione ha precisato che la citata disposizione, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stata richiamata, dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69 comma 1, e comma 71, dal c.c.n.l. 4 agosto 1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione (così, per tutte, Cass. 7 novembre 2016, n. 22558). Anche siffatta rivendicazione va, dunque, accolta”.
Infine, “il ricorso contenente un esplicito conteggio delle differenze retributive maturate, deve intendersi, tenuto conto del complessivo tenore dell’atto, come diretto anche ad ottenere la condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive dovute in forza del riconoscimento del diritto ai predetti scatti biennali”. A proposito delle “differenze retributive dovute”, il Tribunale specifica che vengono “conteggiate con riferimento al quinquennio calcolato a ritroso dalla data di notifica del ricorso” e “devono, in particolare, essere quantificate in € 27.032,29 secondo il conteggio sul quale le parti hanno concordato”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che sul tema dell’abuso dei contratti a termine nella scuola grida vendetta “la mancata applicazione della Direttiva UE 70/CE del 1999, le tante sentenze che hanno già condannato la nostra amministrazione scolastica, fino al recente deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea per l’eccesso di supplenze e mancate stabilizzazioni: è giunta l’ora che il nostro Paese si adegui alle richieste che arrivano dell’Unione Europea sulla stabilizzazione del personale della pubblica amministrazione, a partire da quello che lavora nella scuola dove un insegnante su quattro, visto che le diverse delle 250mila supplenze annuali che si ripetono ormai da qualche anno riguardano lavoratori, come quelli di religione, che rischiano di andare in pensione da supplenti”.
LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DI VERBANIA
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa o
respinta
-condanna il Ministero dell’Istruzione e del Merito a pagare, a titolo di risarcimento del
danno derivante dall’abusiva reiterazione di contratti a termine, a favore di XXXXXX
Marina, l’importo pari a 23 mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del
Trattamento di Fine Rapporto (pari ad € 2.266,47), oltre a interessi legali dalla data della
presente sentenza al saldo;
– accerta e dichiara il diritto della ricorrente alla progressione stipendiale spettante in base a
quanto previsto dall’art. 53, comma 5, L. 312/80 ed al pagamento delle relative differenze
stipendiali, così maturate, nei limiti della prescrizione quinquennale calcolata a ritroso dalla
notifica del ricorso in data 6.2.2025, da quantificarsi in € 27.032,29 e per l’effetto, condanna
il Ministero dell’Istruzione e del Merito al pagamento del suddetto importo di € 27.032,29,
oltre interessi legali dalla data della maturazione del relativo diritto al saldo.
Condanna il Ministero convenuto a rimborsare alla ricorrente le spese di lite, liquidate in
euro 5.450 per competenze ed € 259 per anticipazioni, oltre rimborso forfettario al 15%, Iva
e cpa come per legge, con distrazione a favore dei difensori dichiaratisi antistatari.
Verbania, 2.7.2025
Il Giudice
COSA STA FACENDO ANIEF PER CONTRASTARE L’ABUSO DI PRECARIATO
Alcuni mesi fa, Anief ha pubblicato un manifesto in cui ricordava le battaglie fatte dalla sua fondazione e aveva chiesto, con un emendamento al decreto Salva Infrazioni, delle precise modifiche per attuare il principio di non discriminazione tra personale precario e di ruolo, quindi per estendere il doppio canale di reclutamento alle graduatorie di tutti gli idonei e a quelle delle supplenze. Nel frattempo, dopo quasi tre lustri di lotte per convincere lo Stato italiano a stabilizzare i precari e garantire la parità di trattamento e risarcirli adeguatamente, giusto un mese fa Anief ha ottenuto dal nostro Governo il raddoppio dell’indennizzo per mancata immissione in ruolo arrivando a produrre ricorso al giude per ottenere 24 mensilità, quasi 40mila euro netti recuperati sempre a seguito dell’abuso dei contatti a a tempo determinato.
L’ANNUNCIO DI OTTOBRE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
La notizia del deferimento dell’Italia da parte della Commissione europea.
Bruxelles, 3 ottobre 2024
Oggi, la Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver posto fine all’uso abusivo dei contratti a tempo determinato e alle condizioni di lavoro discriminatorie (Direttiva del Consiglio 1999/70/CE). Secondo la Commissione, l’Italia non dispone delle norme necessarie per vietare la discriminazione riguardo alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di contratti a tempo determinato successivi.
La Commissione rileva che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non prevede un progresso salariale incrementale basato sui periodi di servizio precedenti. Questo costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progresso salariale. Inoltre, contrariamente alla legge dell’UE, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’uso abusivo dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali. Ciò viola la normativa dell’UE sui contratti a tempo determinato.
La Commissione ha avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di diffida formale alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di diffida formale nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell’aprile 2023. La decisione odierna di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea segue le lamentele espresse nel parere motivato, alle quali l’Italia non ha risposto in modo sufficiente rispetto alle preoccupazioni della Commissione. Saranno oggetto di ulteriore valutazione e possibile azione futura le lamentele riguardanti la mancanza di misure efficaci per penalizzare e risarcire l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altre parti del settore pubblico.
TUTTE LE FASI CHE HANNO PORTATO AL RECORD DI PRECARI NELLA NOSTRA SCUOLA