Il 5 ottobre si celebra la Giornata Mondiale dell’Insegnante, cosa c’è da festeggiare?
Sicuramente per la categoria è aumentata la mole di lavoro, ma in cambio di meno soldi: 30 anni fa ai docenti restava in tasca l’11% dello stipendio, oggi appena il 6%


Nell’ultimo decennio i supplenti sono raddoppiati, le aggressioni verso i prof si sono moltiplicate e il docente è sempre più sepolto dalla burocrazia. Se però si guarda alle adesioni agli scioperi, la categoria sembra quasi rassegnata.
Più lavoro e meno soldi in busta paga, troppi precari, meno autorevolezza: il prossimo 5 ottobre si celebra la 31esima Giornata Mondiale dell’Insegnante, ma c’è poco da festeggiare. Partiamo dal nodo stipendi docenti, perché di fatto a distanza di trent’anni risultano pressoché “fermi”, a fronte di un costo della vita che invece è cresciuto a dismisura. Analizzando i dati ISTAT e le tabelle dei CCNL, ‘La Tecnica della Scuola’ ha scoperto che mentre nel 1997 ai docenti, togliendo spese e tasse, restava in tasca l’11,5% del salario percepito, nel 2023, sottraendo sempre le stesse “voci”, rimaneva appena il 6%. Quindi, a distanza di trent’anni fa, il potere di acquisto della categoria si è fortemente ridotto, al punto che la quota di soldi che un docente può oggi mettere da parte si è praticamente dimezzata. Un decremento che stona ancora di più se si pensa come negli ultimi decenni la professione sia fortemente cambiata, con un aumento esponenziale delle mansioni da assolvere e della burocrazia da gestire quotidianamente dentro e fuori le classi.
L’OPINIONE DEI SINDACATI
Attilio Varengo, segretario nazionale Cisl Scuola, e Gianna Fracassi, segretaria generale Flc-Cgil, ai microfoni della ‘Tecnica della Scuola’, sono stati chiari: "La scuola è la categoria della pubblica amministrazione con il maggior numero di laureati, oltre il 75%, ma allo stesso tempo quella con le retribuzioni più basse", ha detto il rappresentante Cisl. “Lo svilimento della professione è legato innanzitutto a una svalutazione salariale delle professioni della scuola”, ha confermato la numero uno dei lavoratori della Conoscenza della Cgil.
NON SOLO COMPENSI RIDOTTI, MA ANCHE TANTO PRECARIATO
Un altro nodo mai sciolto tra i docenti è quello del reclutamento e dei precari: anche su questo fronte, l’involuzione è palese. Passando in rassegna le varie leggi e riforme dagli anni Cinquanta ad oggi, tra nascita dei "ruoli speciali transitori" fino all'algoritmo Gps, passando per SSIS e TFA, c’è una costante negativa: quella di assumere moltissimi insegnanti al di fuori delle procedure concorsuali classiche, "istituzionalizzando", in questo modo, il precariato. Basti pensare che ci sono state ben 13 riforme del reclutamento in 35 anni, ma nessuna, però, ha affrontato seriamente questo problema. Il risultato di questo processo è che i docenti precari della scuola pubblica nell’ultimo decennio sono praticamente raddoppiati, passando (secondo quanto riferisce la Uil Scuola), da circa il 12% del 2015 a quasi il 25% del 2023, con un incremento quindi di circa 135.000 unità.
Cosa si può fare? Secondo Gianna Fracassi (Flc-Cgil) "la formazione in ingresso deve diventare accessibile in forma gratuita, diventare quindi un diritto esigibile per chi è precario. Oltre che indire nuovi concorsi solo laddove vi sia un fabbisogno reale di cattedre da coprire".
DOCENTI MENO AUTOREVOLI
Ma come viene percepito oggi un docente? C’è stata una perdita di autorevolezza, non solo a livello didattico ma anche sociale. I dati sulle aggressioni parlano chiaro: secondo la Polizia di Stato, tra gennaio 2023 e febbraio 2024 “sono stati ben 133 i casi di aggressione fisica denunciati". Come si può cambiare? Il pedagogista Daniele Novara non ha dubbi: “La scuola – dice l’esperto alla ‘Tecnica della Scuola’ - si è trasformata in un luogo sempre più burocratico, oberato da adempimenti, carteggi ed etichette, e meno centrato sul lavoro vivo con gli studenti". Da qui la nascita dei conflitti, perché "se il docente viene percepito solo come qualcuno che 'porta' un contenuto da assimilare in una logica nozionistica, si crea inevitabilmente un cortocircuito tra le attese degli alunni e delle famiglie e la realtà di una figura che troppe volte sembra semplicemente un ex alunno salito in cattedra".
MA GLI INSEGNANTI PROTESTANO SEMPRE MENO
A fronte di un calo generalizzato dei compensi e della considerazione sociale, oggi gli insegnanti fanno sentire la loro voce? I dati sulla partecipazione agli scioperi ci dicono che il desiderio di rivendicare i propri diritti e scendere in piazza è sicuramente meno sentito rispetto al passato. È emblematico quanto accaduto con l’ultima manifestazione del 22 settembre: è stata considerata un successo, ma a ben vedere nel 2008 gli insegnanti che aderirono conto la riforma Berlusconi-Gelmini, solo per fare un esempio, furono sei volte di più.
IL FOCUS
I contenuti dell’approfondimento sulla figura del docente sono presenti sul sito TecnicadellaScuola.it.