L'Algoritmo della supplenza: il ruolo non si conquista, si attende, finché non serve al politico

La vera spesa pubblica: i costi occulti della migrazione forzata e dell'instabilità dei titoli

28 ottobre 2025 18:41
L'Algoritmo della supplenza: il ruolo non si conquista, si attende, finché non serve al politico -
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La vera spesa pubblica: i costi occulti della migrazione forzata e dell'instabilità dei titoli. La Direttiva UE 1999/70/CE e il destino di un esercito di docenti "temporaneamente" permanenti.

La scuola italiana ha bisogno di un piano di reclutamento stabile che smetta di considerare l'esperienza pluriennale come un ostacolo burocratico da sanare e la riconosca come il prerequisito fondamentale e la base per la stabilizzazione. Finché la politica continuerà a vedere la figura del docente in bilico come una risorsa economica da sfruttare e, peggio ancora, come un bacino di voti da intercettare, la crisi dell’istruzione e la dignità dei suoi operatori resteranno intrappolate in una "stanza d’attesa" politica senza fine. Riconoscere l'anzianità di servizio significa investire sulla qualità della didattica e sul benessere di chi la eroga. Invece, l'Italia continua a preferire l'incertezza, condannando un'intera categoria professionale a un nomadismo forzato e a una formazione compulsiva, svuotando di dignità il concetto stesso di merito.

La logica del cinismo: quando il precariato è un modello strutturale

La corsa incessante del docente precario, fatta di notti insonni e studio perenne, è la manifestazione di un sistema dove la speranza è diventata il capitale umano più sfruttato. Il precariato non è un'emergenza, ma un elemento funzionale della scuola italiana, sostenuto da una fredda logica economica dello Stato.

La politica, attraverso concorsi a singhiozzo e una programmazione del fabbisogno insufficiente, dimostra che gestire migliaia di docenti tramite supplenze è più economico che assumere. Questo garantisce flessibilità immediata e ritarda gli oneri previdenziali a lungo termine, trasformando il precario in un "cuscinetto" essenziale che assorbe le lacune d'organico, pur privandolo di stabilità e piena dignità lavorativa.

L'elusione Europea e la gara come punizione

Il sistema italiano è in netto contrasto con la normativa europea. Nonostante la Direttiva 1999/70/CE vieti l'abuso dei contratti a termine dopo i 36 mesi di servizio su posti vacanti (come stabilito dalla CGUE), l'Italia risponde con un'astuta elusione che evita la stabilizzazione diretta.

Anziché risarcire il danno professionale con il ruolo, la politica offre: risarcimenti economici (un'indennità per la violazione della legge) e Concorsi straordinari. Invocando l'Articolo 97 della Costituzione, lo Stato trasforma la stabilizzazione dovuta per legge in una nuova, faticosa gara competitiva. Questa "stabilizzazione differita" non è un favore per il docente, ma un'espediente che permette allo Stato di ridurre il precariato senza mai violare formalmente il principio del concorso, mantenendo il docente in uno stato di perenne competizione.

Il terrore delle tabelle: investire su un titolo a scomparsa

L'incertezza è acuita dall'instabilità normativa sui titoli. Le frequenti modifiche alle tabelle di valutazione forzano i precari a un investimento economico continuo in certificazioni e master.

Il caso del CLIL è l'esempio più lampante: titoli ottenuti con sacrifici e costi elevati vengono improvvisamente svalutati o revocati da una revisione ministeriale. Questo meccanismo distorce la formazione in un'ansiosa "accumulazione di punti" a rischio di annullamento, generando disorientamento e cinismo. Parallelamente, alimenta un'industria della formazione privata che prospera proprio sull'instabilità e sulle regole mutevoli imposte dallo Stato.

Il consenso: l'ultimo atto del ricatto

Il ciclo si completa con l'uso politico della disperazione. I docenti precari sono una fetta significativa del corpo elettorale, e la loro speranza viene regolarmente usata come bene rifugio del consenso. Ogni Governo, in prossimità di scadenze politiche, promette "svolte" o "concorsi semplificati". Queste soluzioni, spesso insufficienti e farraginose, ottengono il solo risultato di sedare temporaneamente la protesta e incanalare il voto. Il problema non viene risolto, ma spostato in avanti, rinnovando il ciclo di studio e frustrazione.


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