Manovra 2026: stretta sulle pensioni anticipate e nuove regole su TFR e previdenza
Le misure in discussione incidono soprattutto sulle pensioni anticipate, sul cumulo con i fondi integrativi e sulle regole di conferimento del TFR, con effetti diretti sia sui lavoratori prossimi all’uscita sia sui neoassunti
La Manovra di bilancio 2026 entra nella sua fase più delicata e lo fa intervenendo su uno dei capitoli più sensibili della finanza pubblica: il sistema previdenziale. Le anticipazioni emerse delineano un impianto orientato a rafforzare la sostenibilità dei conti nel medio-lungo periodo e, al tempo stesso, a ridisegnare il rapporto tra pensione pubblica e previdenza complementare. Le misure in discussione incidono soprattutto sulle pensioni anticipate, sul cumulo con i fondi integrativi e sulle regole di conferimento del TFR, con effetti diretti sia sui lavoratori prossimi all’uscita sia sui neoassunti.
Stretta sulle pensioni anticipate
Il primo asse della riforma riguarda l’uscita anticipata dal lavoro. La Manovra 2026 prevede una serie di correttivi che rendono più oneroso l’accesso alla pensione prima dell’età ordinaria. Tra le ipotesi più accreditate figurano:
l’allungamento delle finestre di accesso, con tempi più lunghi tra la maturazione dei requisiti e l’erogazione dell’assegno;
la riduzione o il ridimensionamento delle opzioni agevolate, che negli ultimi anni hanno consentito uscite flessibili per specifiche platee;
penalizzazioni più marcate sull’importo della pensione, soprattutto per chi anticipa di diversi anni il pensionamento rispetto ai requisiti standard.
L’obiettivo dichiarato è duplice: contenere la spesa previdenziale e allineare l’età effettiva di pensionamento alle dinamiche demografiche, caratterizzate da un progressivo invecchiamento della popolazione e da una riduzione della base contributiva.
Stop (o forti limiti) al cumulo con la previdenza complementare
Una delle novità più discusse riguarda il rapporto tra pensione pubblica e fondi pensione. La Manovra 2026 ipotizza infatti uno stop, o una forte limitazione, al cumulo tra pensione anticipata e prestazioni della previdenza complementare.
In concreto:
chi accede alla pensione prima dell’età ordinaria non potrà più sommare liberamente la rendita pubblica e quella integrativa;
il cumulo pieno scatterà solo al raggiungimento dell’età di vecchiaia prevista dal sistema generale.
La ratio della misura è chiara: disincentivare le uscite precoci dal mercato del lavoro e preservare l’equilibrio complessivo del sistema previdenziale. In questo schema, la previdenza complementare viene sempre più concepita come integrazione della pensione di vecchiaia, non come strumento per anticipare l’uscita.
TFR e previdenza integrativa: nuove regole per i neoassunti
Un altro capitolo centrale della Manovra 2026 riguarda i nuovi lavoratori, per i quali si profila una revisione profonda delle regole su TFR e previdenza integrativa. Le linee di intervento principali prevedono:
un conferimento del TFR più vincolato ai fondi pensione, con meccanismi che riducono la scelta di mantenerlo in azienda;
una adesione “guidata” alla previdenza complementare, accompagnata da maggiore trasparenza su costi, rendimenti e profili di rischio;
incentivi mirati per chi mantiene l’adesione nel lungo periodo, premiando la continuità contributiva.
L’intento del Governo è rafforzare la pensione futura delle nuove generazioni, chiamate a fare i conti con assegni pubblici potenzialmente più bassi a causa del sistema contributivo puro. In questa prospettiva, la previdenza integrativa diventa un pilastro strutturale e non più opzionale.
Il ruolo centrale dell’INPS e dei fondi pensione
Nel nuovo assetto delineato dalla Manovra 2026, assume un ruolo sempre più centrale l’INPS, chiamato a gestire una maggiore complessità amministrativa e informativa. Accanto all’ente pubblico, anche i fondi pensione saranno chiamati a rafforzare trasparenza, governance e capacità di orientamento degli iscritti, soprattutto nei confronti dei lavoratori più giovani.
L’integrazione tra pensione pubblica e previdenza complementare viene così ridefinita non in chiave di flessibilità in uscita, ma di programmazione previdenziale di lungo periodo, fin dall’ingresso nel mondo del lavoro.
Cosa cambia in concreto per i lavoratori
In sintesi, le misure in discussione nella Manovra 2026 delineano un quadro chiaro:
diventa più difficile andare in pensione prima, sia per requisiti più stringenti sia per penalizzazioni economiche;
si riduce la flessibilità nel combinare pensione pubblica e fondi integrativi in caso di uscita anticipata;
cresce il peso delle scelte previdenziali iniziali, in particolare per i neoassunti;
si rafforza il ruolo degli enti previdenziali nel guidare e monitorare i percorsi contributivi.
Uno spartiacque per il sistema previdenziale
La Manovra 2026 si configura dunque come uno spartiacque: meno spazio alle soluzioni di breve periodo e maggiore enfasi sulla sostenibilità strutturale. Per i lavoratori già in servizio, le novità impongono una revisione delle aspettative sull’uscita anticipata; per i giovani, segnano l’ingresso in un sistema in cui la previdenza complementare non è più un’opzione marginale, ma una componente essenziale della sicurezza economica futura.