Maria libera perché ubbidiente
Critica di Trifone Gargano all’ipocrisia culturale italiana: tra fede, obbedienza e il canone scolastico da ripensare.
L’intervento dell’arcivescovo Giuseppe Laterza (nunzio apostolico nella Repubblica Centrafricana e in Ciad), pronunciato qualche giorno fa nella cattedrale di Conversano (Ba), sua città natale, ha scatenato una ridda di polemiche, che personalmente giudico ipocrite, per la ragione che adesso provo a spiegare. La frase incriminata, a commento del brano evangelico sull’annunciazione, è la seguente: «Maria era libera perché ha obbedito, dovremmo dirlo alle femministe». Il salto nella modernità, piuttosto maldestro e offensivo, dell’omelia di monsignor Laterza, ha fatto gridare allo scandalo, proprio per la curvatura polemica e irriverente della sua esegesi. Devote e no, presenti e assenti a quella omelia, hanno gridato allo scandalo, per il sillogismo del monsignore, secondo il quale la vera libertà si realizzerebbe soltanto nell’assoluta obbedienza (della Madonna e, quindi, di tutte le donne). Tutte si son sentite autorizzate a lapidare virtualmente il monsignore, specie a mezzo social, reo di aver detto a chiare lettere un convincimento profondamente cattolico, che è un autentico nodo dogmatico del cattolicesimo, e cioè l’annunciazione, il concepimento, la verginità e la nascita di Gesù (il Cristo). A mio modo di vedere, lo scandalo (da un punto di vista laico) starebbe nel concepimento verginale di Gesù, e non, invece, nell’obbedienza cieca della Madonna. Questo aspetto dello “scandalo” cattolico non è stato notato e sottolineato quasi da nessuno, preferendo, invece, concentrare la polemica sul concetto dell’obbediente libertà della Madonna. Stranezze delle polemiche, che, talvolta, si concentrano su dettagli minori (se non minimi), non riuscendo a mettere a fuoco il nocciolo dello “scandalo” (in questo caso, la verginità e la maternità della Madonna). Dante, in chiusura del suo poema, concentrò questo paradosso cattolico (verginità / maternità) in un verso eccelso: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio» (Pd. XXXIII, 1).
Per restare nell’ambito della polemica sul concetto della obbediente libertà della donna, aggiungo il dettaglio che nessuna di chi si è (giustamente) scandalizzata (per le parole offensive del prelato), abbia mai gridato allo scandalo che, da sempre, nella scuola italiana, sin dalla nascita dello Stato italiano (nel marzo del 1861), a fondamento della formazione delle giovani italiane, in tutti gli ordini di scuola, sia stata posta la lettura (ancora oggi obbligatoria) de I promessi sposi, il romanzo di Alessandro Manzoni, che di quel sillogismo tra obbedienza e libertà della donna fa il fondamento narrativo di tutta la storia. La sua Lucia, infatti, è obbediente fino all’auto-annullamento; ubbidisce a Dio, al marito, alla madre, al parroco, ai potenti, a tutti. Lei non si ribella mai, non dice mai di no. Ubbidisce e basta. Analogo destino tocca a Renzo, il quale appena accenna a ribellarsi, una volta arrivato a Milano, viene arrestato e punito. Zitti e ubbidienti. Ci penserà Dio, attraverso la divina Provvidenza, a dare il premio, ma soltanto a chi ha saputo tacere e ubbidire, anche dinanzi alle ingiustizie e ai soprusi più inaccettabili. Destra e Sinistra (sia quelle storiche, nell’Ottocento, che quelle ideologiche, più recenti e vicina a noi), non hanno mai, ripeto mai, pensato di porre mano al canone delle letture scolastiche, le quali contribuiscono, accanto alle omelie, al catechismo, agli interventi educativi delle famiglie, a formare e a educare le future cittadine della nazione italiana. Porre mano al canone scolastico per eliminare la lettura di quel romanzo catto-fascista, diseducativo fino a diffondere la cultura del disimpegno e del qualunquismo opportunista. Eliminare quella lettura, e magari sostituirla con qualche altra opera maggiormente educativa. Mi permetto, qui, disuggerire di far leggere, al posto de I promessi posi, il romanzo Dalla parte di lei, di Alba de Céspedes, che è la storia di una vicenda a cavallo tra Fascismo, Resistenza e ricostruzione post-bellica del tessuto morale e ideale della nazione italiana. Si preferisce gridare (ipocritamente) allo scandalo per le parole offensive pronunciate da monsignor Giuseppe Laterza, ma non si alza mai la voce contro la lettura ancora obbligatoria del romanzo di Manzoni, nelle Indicazioni vigenti di uno Stato laico per Costituzione, che lascia, però, ancora largo spazio a libri confessionali e anti-educativi.