Milano, Venezia, Firenze: vivere con lo stipendio da insegnante è impossibile

I dati diffusi nelle ultime settimane confermano che Venezia, Firenze e Milano restano in testa alla classifica dei luoghi più proibitivi per chi cerca un alloggio

A cura di Redazione Redazione
01 ottobre 2025 10:34
Milano, Venezia, Firenze: vivere con lo stipendio da insegnante è impossibile -
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Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende esprimere la propria viva preoccupazione di fronte alla fotografia, per nulla rassicurante, del mercato immobiliare nelle città universitarie italiane. I dati diffusi nelle ultime settimane confermano che Venezia, Firenze e Milano restano in testa alla classifica dei luoghi più proibitivi per chi cerca un alloggio: un monolocale in Laguna costa in media 1.404 euro al mese, a Firenze 1.107, a Milano 1.064. Poco distante troviamo Roma con 1.018 euro, mentre Genova, Bologna, Pisa, Padova e Verona si collocano poco più sotto con cifre comunque insostenibili per la gran parte dei lavoratori della scuola. A Bari, Napoli e Torino il quadro non migliora di molto, sebbene Pavia, a soli trenta chilometri dal capoluogo lombardo, registri un costo medio di 555 euro, cioè la metà.

Se tali cifre appaiono già proibitive agli occhi degli studenti e delle loro famiglie, risultano ancor più allarmanti se poste in rapporto agli stipendi degli insegnanti della scuola pubblica. Un docente neoassunto percepisce circa 1.350 euro netti al mese: una cifra che, a Milano o Venezia, risulterebbe quasi del tutto assorbita dal canone di un piccolo appartamento. Anche chi può contare su una carriera ventennale, con uno stipendio che si aggira attorno ai 1.700–1.800 euro netti, si trova a destinare tra il sessanta e il novanta per cento del proprio reddito all’affitto. In altre parole, il lavoro di tre settimane si riduce a coprire il tetto sopra la testa, lasciando poco o nulla per vivere.

Questa dinamica non può essere considerata un dettaglio marginale, perché mina alla radice la dignità della professione docente e contribuisce a generare un clima di frustrazione e rinuncia. Insegnare dovrebbe significare costruire, immaginare, educare alla speranza; invece, troppo spesso, si riduce a un esercizio di sopravvivenza economica. Non si tratta soltanto di un problema individuale, ma di una questione sociale che rischia di compromettere la continuità didattica e la qualità dell’offerta formativa.

Il CNDDU, consapevole della gravità di tale scenario, ha già avanzato proposte concrete. Da tempo sottolinea la necessità di sviluppare progetti abitativi pubblici dedicati ai docenti in mobilità, di avviare convenzioni tra enti locali e istituti scolastici per garantire canoni calmierati e di introdurre forme di sostegno economico specifiche per chi presta servizio in città con costi abitativi fuori scala. Non si tratta di privilegi, ma di misure di giustizia sociale che restituirebbero equilibrio tra il lavoro svolto e le condizioni di vita.

La mancata adozione di simili correttivi rischia di alimentare una silenziosa fuga dalle grandi città: molti insegnanti, impossibilitati a sostenere i costi, chiedono trasferimenti altrove o si rassegnano a pendolarismi massacranti, con evidenti ripercussioni sulla qualità della didattica e sul diritto allo studio degli studenti.

Difendere la dignità dei docenti significa, in definitiva, difendere la scuola pubblica e con essa l’idea stessa di democrazia e uguaglianza. Per questo il CNDDU ribadisce con forza che il problema della casa, lungi dall’essere un aspetto accessorio, deve entrare a pieno titolo nell’agenda politica nazionale.

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

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