No-Meloni Day: studenti in piazza tra proteste e tensioni
Il 15 novembre 2024, il “No-Meloni Day Atto II” ha visto migliaia di studenti scendere in piazza in oltre 35 città italiane. È stata una giornata di protesta contro le politiche del governo, con richi...

Il 15 novembre 2024, il “No-Meloni Day Atto II” ha visto migliaia di studenti scendere in piazza in oltre 35 città italiane. È stata una giornata di protesta contro le politiche del governo, con richieste di una scuola pubblica, gratuita e accessibile. Tuttavia, i cortei sono stati segnati anche da episodi di tensione e scontri, alimentando il dibattito politico e le reazioni della società civile.
“Vogliamo una scuola per tutti”: le richieste degli studenti
Gli organizzatori delle manifestazioni, tra cui l’Unione degli Studenti e Link – Coordinamento Universitario, hanno spiegato le ragioni della protesta. “Vogliamo una scuola che ci ascolti, che metta al centro i nostri bisogni e non i profitti delle aziende,” ha dichiarato Tommaso Martelli, coordinatore dell’Unione degli Studenti. Le richieste principali includono:
- L’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro, considerata pericolosa e inutile.
- Maggiori investimenti per il benessere psicologico degli studenti.
- Un sistema scolastico più democratico, che garantisca loro una reale rappresentanza.
A Roma, i manifestanti hanno marciato sotto lo striscione “Contro un governo di fascisti e sionisti”. In tutta Italia, sono stati gridati slogan contro i tagli all’istruzione, la spesa militare e le riforme universitarie. “Non stiamo protestando solo per noi, ma per un futuro migliore per tutti,” ha aggiunto uno studente presente al corteo di Torino.
Episodi di tensione: Torino e Roma sotto i riflettori
A Torino si sono verificati gli scontri più violenti. Davanti alla Prefettura, un gruppo di manifestanti ha cercato di superare il cordone di polizia, lanciando un ordigno artigianale che ha provocato l’intossicazione di 20 agenti. “Bruciamo i fantocci perché queste politiche stanno bruciando il nostro futuro,” ha spiegato una studentessa. Fantocci raffiguranti il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sono stati dati alle fiamme, e alcuni mezzi della polizia sono stati danneggiati.
A Roma, i manifestanti hanno ribattezzato il Ministero dell’Istruzione “Ministero della Guerra”. Vernice rossa è stata lanciata sui manifesti della premier Meloni e dei ministri Valditara e Bernini, accusati di avere “mani sporche di sangue”. Un momento simbolico è stato dedicato anche al tema del femminicidio, con un minuto di rumore per ricordare Giulia Cecchettin e tutte le vittime di violenza.
Proteste in altre città
A Milano, i manifestanti hanno criticato l’alternanza scuola-lavoro, accusandola di essere responsabile di incidenti mortali. “L’alternanza uccide,” recitava uno striscione. Alcuni studenti hanno inscenato un flash mob davanti al Consolato USA, con maschere raffiguranti leader politici mondiali e fucili di cartone.
A Bologna, le proteste si sono concentrate sui manifesti della premier e dei ministri, imbrattati con mani simbolicamente sporche di vernice rossa. “Questo sistema scolastico non risponde alle nostre esigenze,” ha affermato Matteo, un giovane del collettivo OSA. A Napoli, invece, i cortei sono stati pacifici, con striscioni che chiedevano maggiori finanziamenti per la scuola e un taglio alle spese militari.
Le reazioni politiche: un coro di condanne
Le proteste hanno diviso il mondo politico. La premier Giorgia Meloni ha condannato con fermezza gli episodi di violenza: “Scene inaccettabili che non possono essere tollerate. Esprimo piena solidarietà agli agenti feriti,” ha scritto sui social. Il ministro Valditara ha dichiarato: “Questi atti di violenza non rappresentano il dialogo democratico. La scuola italiana non ha bisogno di estremismi.”
Dal Partito Democratico, la segretaria Elly Schlein ha espresso vicinanza agli studenti: “La violenza non può mai essere giustificata, ma è importante ascoltare le richieste di chi scende in piazza. Il governo non può ignorare questo malessere.”
Matteo Salvini, vicepremier, ha attaccato i manifestanti definendoli “zecche rosse”, mentre il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha promesso che i responsabili degli atti violenti saranno perseguiti.
Il sostegno dei sindacati alla protesta, ma “no alla violenza”
I sindacati della scuola si sono schierati al fianco degli studenti, pur condannando gli episodi di violenza.
“Non ci ascoltano, e allora alziamo la voce. Vogliamo una scuola che ci prepari alla vita, non che ci sfrutti,” ha dichiarato una giovane a Bologna. A Roma, un altro manifestante ha spiegato il simbolismo delle azioni: “La vernice rossa rappresenta il sangue di chi soffre a causa di queste politiche. Non è violenza, è una denuncia.”
Un ritorno alle piazze degli anni ’70?
Le immagini di fantocci bruciati e scontri con la polizia hanno riportato alla memoria le tensioni degli anni di piombo. Tuttavia, gli studenti respingono questo parallelo: “Non siamo estremisti, siamo giovani che vogliono un futuro migliore,” ha dichiarato un portavoce dell’Unione degli Studenti.
Un sistema scolastico al bivio
Le proteste del “No-Meloni Day” mostrano chiaramente che il sistema scolastico è al centro di un dibattito acceso. Da un lato, c’è il governo che difende le proprie riforme; dall’altro, studenti e sindacati che chiedono un cambiamento radicale. La sfida sarà trasformare questo conflitto in un’occasione di dialogo, per garantire una scuola capace di rispondere alle esigenze delle nuove generazioni.