Scuola, docenti sotto tiro: chi fa doposcuola o attività extra rischia sanzioni della Corte dei Conti

L’obbligo di esclusività nel pubblico impiego

A cura di Redazione Redazione
22 settembre 2025 12:20
Scuola, docenti sotto tiro: chi fa doposcuola o attività extra rischia sanzioni della Corte dei Conti -
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L’obbligo di esclusività nel pubblico impiego

I docenti della scuola pubblica, come tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione, sono soggetti al cosiddetto obbligo di esclusività. Tale principio, previsto dal D.Lgs. 165/2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego) e dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (D.P.R. 62/2013), stabilisce che chi lavora per lo Stato non possa svolgere altre attività lavorative, salvo autorizzazione formale dell’amministrazione di appartenenza.

Per gli insegnanti, questo vincolo si traduce nella necessità di dedicarsi in via esclusiva al servizio scolastico, evitando attività che possano configurare un conflitto d’interessi o una sottrazione di energie alla funzione educativa.

La posizione della Corte dei Conti

La Corte dei Conti ha più volte richiamato l’attenzione dei dirigenti scolastici e dei docenti sull’applicazione rigorosa di questo obbligo. Secondo la magistratura contabile, lo svolgimento di attività retribuite non autorizzate costituisce danno erariale, perché si traduce in un uso improprio delle risorse pubbliche e mina il principio di imparzialità.

In diverse sentenze, i giudici contabili hanno sanzionato insegnanti che, parallelamente al lavoro in aula, svolgevano attività extra come corsi privati, lezioni di doposcuola, corsi di lingue o attività di consulenza, senza preventiva autorizzazione.

Esempi di attività a rischio

Gli esempi più frequenti di attività che violano l’obbligo di esclusività, se svolte senza permesso, includono:

  • Doposcuola privato: organizzare lezioni pomeridiane a pagamento per studenti, anche esterni alla propria scuola, può configurare concorrenza sleale e conflitto d’interessi.

  • Lezioni private individuali: se svolte senza autorizzazione e soprattutto se rivolte a studenti della stessa scuola, costituiscono una violazione grave.

  • Corsi in enti privati o associazioni: attività retribuite presso centri di formazione, parrocchie o cooperative sociali necessitano di autorizzazione.

  • Collaborazioni professionali: consulenze o attività commerciali (anche online) non dichiarate possono portare a sanzioni disciplinari e contabili.

Cosa si può fare legalmente

Non tutte le attività extra sono vietate, ma devono rispettare precise regole:

  • È possibile richiedere l’autorizzazione al dirigente scolastico, che valuterà la compatibilità dell’incarico con l’attività di insegnamento.

  • Sono consentite alcune eccezioni, come la produzione scientifica, letteraria o artistica, la collaborazione occasionale con giornali e riviste, o l’attività in ambito sindacale.

  • In assenza di autorizzazione, qualsiasi attività remunerata può essere contestata e sanzionata.

Le conseguenze

Chi viola l’obbligo di esclusività rischia:

  • sanzioni disciplinari, fino alla sospensione dal servizio;

  • responsabilità contabile, con obbligo di restituzione delle somme percepite indebitamente;

  • procedimenti giudiziari, se si configura danno erariale.

La Corte dei Conti, in casi documentati, ha condannato docenti a restituire compensi guadagnati con lezioni private non autorizzate, ritenendoli incompatibili con il ruolo pubblico. Il messaggio della Corte dei Conti è chiaro: per gli insegnanti il lavoro scolastico deve restare l’unico impegno professionale, salvo deroghe autorizzate. Attività apparentemente innocue come il doposcuola o i corsi di rinforzo privati, se svolte senza permesso, possono trasformarsi in fonte di gravi conseguenze economiche e disciplinari.

Per evitare rischi, ogni docente deve agire con trasparenza, richiedendo sempre l’autorizzazione preventiva al proprio dirigente scolastico e attenendosi alle norme sull’esclusività.

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