Scuola, gilda: autonomia scolastica, fallimento o grande incompiuta? Il congresso della federazione gilda unams

Si è svolto questa mattina a Roma, presso l’Hotel Best Western di Via Marsala, il Congresso Nazionale della Federazione Gilda Unams che raduna tutti i suoi delegati

A cura di Redazione Redazione
13 dicembre 2025 17:00
Scuola, gilda: autonomia scolastica, fallimento o grande incompiuta? Il congresso della federazione gilda unams  -
Condividi

 Un’occasione per aprire un dibattito e stilare un bilancio sull’Autonomia Scolastica e di quello che ha rappresentato dal 1997, anno in cui fu introdotta con la Legge n.59 (Legge Bassanini).

“Dall’anno 2000 le scuole, pur facendo parte del sistema scolastico nazionale, hanno una propria autonomia amministrativa, didattica e organizzativa – è quanto ha dichiarato il coordinatore nazionale Vito Carlo Castellana nella sua relazione introduttiva. Questo ha fatto sì che dal punto di vista didattico, si sia aperta la strada al ‘progettificio’, con piani autoreferenziali ed una programmazione che spesso è inutile e che perde di vista il vero obiettivo che ogni docente persegue, la preparazione delle lezioni”.

Dal punto di vista organizzativo, invece, l’Autonomia Scolastica ha permesso alle scuole di scegliere liberamente i propri orari, “incrementando – ha affermato Castellana – enormi difformità sul territorio con metodologie diverse al punto che in molti casi riteniamo sia compromesso il diritto allo studio. Un altro aspetto da non sottovalutare, dal punto di vista sindacale, sono i contenziosi che sono aumentati in virtù del fatto che se ci sono 7.500 istituti scolastici, questi producono 7.500 diverse interpretazioni del contratto.  In aggiunta a ciò, poi, sono sparite le pagelle, le indicazioni hanno sostituito i programmi e non esistono più organismi di controllo sull’operato dei dirigenti scolastici. Occorre infine restituire il ruolo centrale che spetta alla scuola ed in particolare ai docenti a partire da un contratto specifico per la docenza, questo evidenzierebbe la specificità di una professione che ha poco da condividere con le altre figure presenti nel comparto, per lo più di tipo impiegatizio. Si evidenzierebbe così il carattere “intellettuale” della professione docente, ma soprattutto, scorporandosi dagli automatismi del resto del pubblico impiego, si potrebbe ipotizzare un sistema simile a quello che c’è per i docenti universitari, con evidenti ricadute anche sul piano economico. Un contratto separato per la docenza produrrebbe inoltre diritti più chiari e creerebbe un argine ai tentativi degli ultimi anni di minare il diritto sancito dalla costituzione della “libertà d’insegnamento”.

Il coordinatore nazionale a conclusione della sua relazione, ha rivolto un messaggio al governo, sottolineando come di buono in questi anni, ci sia stata solo la capacità di resilienza mostrata dai docenti e dal personale ATA, nell’adattarsi ad una legge che ha stravolto l’unità nazionale e ha dato vita a tanti ‘Regni’ diversi, ognuno con un proprio ‘regime’, andando a demolire il compito che la Costituzione ha assegnato alla Scuola.

“In una visione futura – ha concluso Castellana – la svolta sarebbe una nuova governance dove i DSGA si occupano degli aspetti giuridico-economici, dove ci sia un preside, magari elettivo, che coordini la didattica, dove venga dato maggior potere agli organi collegiali, per far sì che ci si possa finalmente adattare alle varie esigenze e alle diverse realtà territoriali ma nell’ottica di una scuola che sia sempre di qualità”.

Con un contributo scritto è intervenuto poi il Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione e del Merito, On. Paola Frassinetti, “La domanda più importante è, questa autonomia come è stata concepita, è ancora adeguata ai bisogni degli studenti di oggi e di domani? Come Ministero stiamo lavorando affinché l’autonomia torni al suo significato originario. La FGU con la sua storia rappresenta un interlocutore prezioso per tutelare la professionalità docente e per ricordarci che nessuna autonomia può funzionare senza valorizzare pienamente chi nella scuola ci lavora ogni giorno”.

Tra gli interventi politici c’è stato quello dell’On. Chiara Tenerini, XI Commissione Lavoro della Camera dei Deputati: “L’autonomia scolastica rimane un modello valido ma va aggiornata e resa più coerente alla scuola di questo secolo, perché se non viene accompagnata, soprattutto nei territori più fragili, acuisce le differenze”.

E’ stato poi il turno dell’On. Irene Manzi, VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati: “Alcune criticità le riconosco e le condivido, l’autonomia era dentro un disegno che voleva potenziare il dirigente ma anche tutto il personale della scuola. In questo momento la scuola vive una fase di passaggio tra un neocentralismo che si cerca di affermare e una necessità di sviluppare meglio l’autonomia. Volendo dare consiglio al Ministro Valditara, sarebbe quello di provare ad aprire una un’indagine conoscitiva sull’autonomia scolastica, un confronto tra tutte le forze politiche su un tema centrale e chiave”.

Una riflessione politica sulla scuola oggi e sui suoi cambiamenti è stata poi offerta dalla Senatrice Barbara Floridia, VII Commissione Cultura del Senato e Presidente della Commissione parlamentare Vigilanza RAI: “Momenti come questi sono molto importanti, da insegnante mi duole evidenziare come oggi per la scuola e l’istruzione non si investe, quando invece la società è sempre più fragile. Tutto oggi è in trasformazione e gli unici che possono aiutare i ragazzi per accompagnarli, sono gli insegnanti. L’autonomia scolastica è una sfida, ma quali sono le conseguenze?”.

Sui motivi invece che hanno reso sempre più complessa la realizzazione dell’autonomia scolastica, si è espressa la Professoressa Loredana Perla, Direttrice del Dipartimento di Scienza della Formazione, Psicologia, Comunicazione e ordinario di Didattica e Pedagogia speciale presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e parte della Commissione Tecnica per le Indicazioni Nazionali: “Che ne facciamo dell’autonomia? La consideriamo una legge fallita? Consideriamo come si è evoluto il nostro sistema di istruzione, la stessa identità di insegnante ha subito una distorsione, esautorato dalle esigenze pedagogiche a scapito della funzione. Questa autonomia ha realmente funzionato permettendo la valorizzazione del docente? Ci sono grandi criticità, la mancata autonomia apre per esempio ad una didattica delle competenze, su cui io sono molto critica perché è un grade mito che la scuola ha dovuto assorbire. La scuola è stata lasciata sola ed è in questi anni che si consuma il disastro dell’istruzione”.

A concludere gli interventi è stato Adolfo Scotto Di Luzio, Professore ordinario di Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli Studi di Bergamo, che ha posto una domanda cruciale: “La scuola deve essere autonoma, ma cosa realmente preserva e garantisce la sua autonomia? Ciò che garantisce autonomia della scuola è l’autonomia della cultura, senza la quale, ogni altra forma diventa un contenitore vuoto. Così come introdotta nella normativa degli anni Novanta, l’autonomia scolastica risulta un dispositivo ispirato a logiche organizzative ed efficientistiche, distante dall’idea pedagogica di autonomia come spazio critico della cultura. Il mio intervento oggi mostra come questa divergenza sia all’origine delle ambivalenze odierne e perché una rigenerazione dell’autonomia scolastica debba partire dal ripensamento dell’autonomia della cultura”.

Segui Voce della Scuola