Uniti per INDIRE e la formazione per il sostegno: subito i corsi
Nel dibattito sempre più acceso sulla formazione per il sostegno dei docenti, un ruolo centrale lo sta giocando l’INDIRE, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. Diver...
Nel dibattito sempre più acceso sulla formazione per il sostegno dei docenti, un ruolo centrale lo sta giocando l’INDIRE, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. Diverse testimonianze segnalano un clima di forte contrasto: da un lato, c’è chi rivendica la legittimità di questi corsi da 30 CFU, considerandoli un’evoluzione necessaria per riconoscere competenze ed esperienze già acquisite; dall’altro, si sollevano critiche che puntano il dito contro la possibile “riduzione” del percorso formativo rispetto al TFA tradizionale da 60 CFU. Nel mezzo, migliaia di docenti di sostegno—in servizio o aspiranti tali—cercano di farsi strada in un contesto che sembra incapace di trovare una soluzione condivisa. Con “UNITI per INDIRE”, un nutrito gruppo di docenti chiede di non demonizzare questi nuovi percorsi formativi, evidenziandone invece l’utilità e la conformità alle norme vigenti.
Evoluzione dei percorsi formativi
Le polemiche sulla durata del percorso e sul valore dei crediti formativi affondano le radici nei sistemi precedenti, come le SSIS e i successivi TFA. Le SSIS, ormai soppresse, prevedevano un biennio di specializzazione, ritenuto da molti “lento e costoso”, sebbene approfondito. Con il TFA sostegno da 60 CFU, la formazione si è accorciata, integrando teoria e pratica in modo più serrato. Oggi, i corsi INDIRE da 30 CFU rappresentano un passo ulteriore: sono rivolti a chi ha maturato una pregressa esperienza di insegnamento o ha conseguito un titolo equipollente all’estero. L’obiettivo dichiarato è ottimizzare tempi e risorse, riconoscendo competenze già consolidate in ambito didattico e supportando la scuola che, nel frattempo, si trova a gestire classi sempre più eterogenee. Gli oppositori di questa formula sostengono che abbreviare il percorso possa tradursi in una riduzione di qualità, mentre chi difende l’INDIRE insiste che la validità di un corso non si misura soltanto dal numero dei CFU, ma dalla reale efficacia formativa.
Critiche, accuse e casi di irregolarità
La frattura più profonda emerge laddove alcuni docenti—specialmente quelli che hanno portato a termine percorsi TFA tradizionali o SSIS—ritengono che i corsi INDIRE e i titoli esteri siano una sorta di “scorciatoia”, utile soltanto a scalare le graduatorie. Si parla addirittura di “titoli acquistati”, gettando un’ombra di sospetto su chi ha scelto strade meno convenzionali per ottenere l’abilitazione o la specializzazione sul sostegno. Non mancano denunce e ricorsi, anche da parte di collettivi che chiedono chiarezza su possibili frodi o scorrettezze nella validazione dei titoli ottenuti all’estero. Eppure, si sottolinea dall’altra parte, chi lavora stabilmente a scuola da anni—magari avendo già svolto attività di sostegno—ha il diritto di veder riconosciuta la propria professionalità, senza che l’intero percorso venga bollato come “di serie B”. Lo stesso vale per chi ha dovuto affidarsi a corsi online, specialmente durante l’emergenza Covid, quando la didattica a distanza è stata in molti casi l’unico strumento possibile per garantire continuità formativa.
Un problema irrisolto
La questione, a detta degli osservatori più attenti, non si risolverà finché prevarranno polemiche e sospetti. È crescente l’appello a un cambio di prospettiva: l’inclusione, che è il cuore del sostegno, dovrebbe tradursi innanzitutto in solidarietà all’interno della categoria dei docenti. Le istituzioni, dal canto loro, sono chiamate a fornire regole chiare, a vigilare contro eventuali irregolarità e a garantire che i percorsi di formazione restino di alto profilo. In tale scenario, i corsi INDIRE possono rappresentare un’opportunità per snellire le procedure e valorizzare le esperienze acquisite sul campo, a patto che siano rispettati standard qualitativi e che si investa su moduli pratici, innovazione didattica e aggiornamento costante. Se la scuola italiana vuole davvero crescere, deve guardare con fiducia alle nuove modalità formative, evitando contrapposizioni sterili e promuovendo, invece, lo spirito di collaborazione che dovrebbe essere alla base di ogni processo educativo.