È assodato che il docente supplente temporaneo, assunto per ragioni sostitutive, anche per brevi periodi renda “una prestazione equivalente a quella del lavoratore sostituito” e che per “il principio di non discriminazione, sancito dalla clausola n. 4 dell’Accordo Quadro CES, UNICE, CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva del Consiglio Europeo 28/6/99/70/CE e degli artt. 526 E 528 D.LGS. 297/1994”, anche “recepito dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6” ha diritto allo stesso trattamento stipendiale: negargli la Retribuzione professionale docente sarebbe peraltro in contrasto con “il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6”. A sentenziarlo è stato, lo scorso 28 ottobre, il Tribunale di Cosenza, sezione controversie di lavoro, che ha dato ragione ad una docente, difesa dai legali Anief, che ha svolto dei periodi di supplenza cosiddetta ‘breve’ senza vedersi assegnata la Rpd: il giudice, esaminato il caso, gli ha assegnato l’intera somma, che lo Stato gli aveva negato, pari a 2.826,77 euro oltre gli interessi maturati.

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “La Retribuzione professionali docente, come della Cia per il personale Ata, è una voce stipendiale che non può essere arbitrariamente tolta dallo stipendio a seconda del tipo di contratto sottoscritto. I giudici lo hanno ben compreso e stanno restituendo ai docenti le somme sottratte indebitamente. Per recuperarle basta presentare ricorso con Anief, recuperando così fino all’ultimo euro gli oltre 170 euro al mese, più gli interessi, maturati nel corso delle supplenze”.

LA SENTENZA DI COSENZA

Secondo il giudice “l’interpretazione delle norme Eurounitarie è riservata alla Corte di Giustizia, le cui pronunce hanno carattere vincolante per il giudice nazionale, che può e deve applicarle anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa perchè a tali sentenze, siano esse pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto della Unione Europea, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (fra le più recenti in tal senso Cass. 8.2.2016 n. 2468)”.

“Nel caso di specie la Corte territoriale, pur escludendo, erroneamente, la rilevanza del principio di non discriminazione fra assunti a tempo determinato e indeterminato, ha comunque evidenziato, in motivazione, “che il supplente temporaneo, in quanto assunto per ragioni sostitutive, rende una prestazione equivalente a quella del lavoratore sostituito” ed ha disatteso la tesi del Ministero secondo cui la durata temporalmente limitata dell’incarico sarebbe incompatibile con la percezione della RPD. Una volta escluse, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede, significative diversificazioni nell’attività propria di tutti gli assunti a tempo determinato, a prescindere dalle diverse tipologie di incarico, rispetto a quella del personale stabilmente inserito negli organici, il principio di non discriminazione, sancito dalla richiamata clausola 4 e recepito dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, deve guidare nell’interpretazione delle clausole contrattuali che vengono in rilievo, nel senso che, come accade per l’esegesi costituzionalmente orientata, fra più opzioni astrattamente possibili deve essere preferita quella che armonizza la disciplina contrattuale con i principi inderogabili del diritto Eurounitario”.

Ancora per il giudice, “si deve, pertanto, ritenere, come evidenziato dalla Corte territoriale sia pure sulla base di un diverso percorso argomentativo, che le parti collettive nell’attribuire il compenso accessorio “al personale docente ed educativo”, senza differenziazione alcuna, abbiano voluto ricomprendere nella previsione anche tutti gli assunti a tempo determinato, a prescindere dalle diverse tipologie di incarico previste dalla L. n. 124 del 1999, sicchè il successivo richiamo, contenuto nel comma 3 dell’art. 7 del CCNL 15.3.2001, alle “modalità stabilite dall’art. 25 del CCNI del 31.8.1999” deve intendersi limitato ai soli criteri di quantificazione e di corresponsione del trattamento accessorio, e non si estende all’individuazione delle categorie di personale richiamate dal contratto integrativo. Una diversa interpretazione finirebbe per porre la disciplina contrattuale in contrasto con la richiamata clausola 4 tanto più che la tesi del Ministero, secondo cui la RPD è incompatibile con prestazioni di durata temporalmente limitata, contrasta con il chiaro tenore della disposizione che stabilisce le modalità di calcolo nell’ipotesi di “periodi di servizio inferiori al mese”. Sulla scorta di tali argomentazioni deve ritenersi accertato il diritto della ricorrente al pagamento della retribuzione professionale docenti nell’importo indicato in ricorso e non oggetto di specifica contestazione”.

Il Tribunale calabrese ha quindi dichiarato “il diritto della parte ricorrente alla percezione della retribuzione professionale docenti prevista dall’art.7 del CCNI del 31.8.1999”, condannando “parte convenuta al pagamento della somma di € 2826,77 oltre interessi come per legge”. È stato anche condannato “il MIUR al pagamento delle spese di lite che liquida in € 700,00 oltre IVA, CPA e rimborso forfettario con distrazione”.

I RICORSI VINTI DI RECENTE DA ANIEF

Sono innumerevoli, oramai, i casi di restituzione ai docenti della retribuzione professionale docenti precari, pari a 174.50 euro al mese, negata a tutti gli insegnanti precari (come pure la Cia al personale Ata). Negli ultimi mesi tanti giudici hanno accordato la restituzione della somma: si era espresso favorevolmente a febbraio il tribunale di Forlì, poi  quello di Modena, quindi di Catania, in primavera abbiamo avuto la sentenza favorevole di Paola. E ancora, nella provincia di Cosenza, dove una maestra ha recuperato quasi 2mila euro più interessi e un’altra quasi 2.900 euro, poi a Verona, dove il giudice del lavoro ha accordato 1.200 euro per un solo anno di supplenza annuale svolto. Di recente, è stata la volta del Tribunale di Firenze, che ha assegnato quasi 4mila euro più interessi ad una docente, quindi di Vercelli, che ha detto sì alla richiesta dei legali dell’Anief, presentata lo scorso mese di aprile, di rimborsare una docente con circa 1.700 euro più interessi. E infine di Modena, dove il tribunale del Lavoro ha restituito 1.646 euro più interessi a una docente per le supplenze “brevi” di tre anni scolastici, di Parma, dove ad una insegnante precaria dal 2015 al 2018 il giudice ha corrisposto 3mila euro con interessi, e di Genova, poi anche di Torino (3.300 euro più interessi).

COME RECUPERARE LA RPD SOTTRATTA

Anief ricorda che è possibile presentare ricorso ad hoc per rivendicare il diritto alla riscossione di RPD (per i docenti) e CIA (per il personale Ata) mensili, negli ultimi due anni negato anche a decine di migliaia di supplenti “Covid”: sono tutti supplente che hanno percepito gli stipendi da precari ridotti di circa 170 euro mensili. Qualora volessero definire l’entità della somma da recuperare possono anche utilizzare il calcolatore online messo a disposizione gratuitamente da Anief: fatto ciò, potranno attivare i ricorsi in Tribunale con il patrocinio dello stesso sindacato a condizioni molto vantaggiose.

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