Bullismo: intervista a Simona Malpezzi (PD). «Il Governo pensa troppo alla repressione e troppo poco alla prevenzione»

Simona Malpezzi, Presidente del gruppo PD al Senato fino al turnover voluto dalla neo eletta segretaria Elly Schlein, ha insegnato per anni occupandosi direttamente di scuola ed è attualmente membro d...

A cura di Norberto Gallo
06 luglio 2023 18:05
Bullismo: intervista a Simona Malpezzi (PD). «Il Governo pensa troppo alla repressione e troppo poco alla prevenzione» - Simona Malpezzi
Simona Malpezzi
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Simona Malpezzi, Presidente del gruppo PD al Senato fino al turnover voluto dalla neo eletta segretaria Elly Schlein, ha insegnato per anni occupandosi direttamente di scuola ed è attualmente membro della Commissione Straordinaria per il contrasto ai fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’ odio e alla violenza presieduta da Liliana Segre.

Senatrice Malpezzi, a leggere le cronache dell’ anno scolastico appena concluso, pare che nelle scuole italiane sia in aumento il tasso di violenza, che girino sempre più ‘bulli’ che se la prendono con i loro coetanei, e spesso e volentieri perfino con i loro professori. E’ cambiato qualcosa nei ragazzi o la scuola italiana ha definitivamente perso ogni ruolo sociale?

«C’è un disagio profondo che è certificato dagli accessi alle cure di ragazzi sempre più giovani. Ed è un disagio che è indubbiamente figlio anche di un post Covid e di due anni che hanno tolto socialità ai ragazzi anche con delle conseguenze che noi dicevamo sarebbero emerse. C’è anche una scuola che è resa molto più fragile da un sistema sociale che fa sempre più fatica a riconoscersi come comunità educante, con famiglie che spesso vivono molte difficoltà e che in alcuni casi sono anche portate a vivere la scuola come l’ambiente a cui delegare l’educazione rispetto alla quale sentirsi estranei e non partecipi. Quindi diciamo che se vogliamo affrontare questo grande tema di disagio complessivo che tocca i nostri ragazzi ma che tocca anche gli insegnanti e tutto il personale scolastico e quindi anche le famiglie, c’è bisogno di una grande alleanza».

Sta parlando di quella che nel contratto dei lavoratori della scuola è chiamata comunità educante?

«Si. E’ per questo che noi continuiamo a parlarne anche con una proposta di legge che è incardinata al Senato e che potrebbe aiutare a mettere in rete tutte le agenzie educative del territorio per consentire alla scuola di non essere lasciata sola, di costruire patti educativi e di potere essere collegata a oratori, consultori, associazioni, enti locali per stabilire quale progettualità educativa è più adatta alle scuole e alle famiglie di quello specifico territorio. Non basta ma sarebbe un grandissimo inizio».

 

Dice la sua collega di FdI Ella Bucalo che quello del bullismo è un fenomeno aggravato dai social che si può risolvere solo con un intervento della scuola e delle famiglie che però devono avere dalla politica gli strumenti giusti per intervenire che ancora non ci sono.

«Il tema del bullismo è prima di tutto educativo. Il bullo non riconosce l’altro e quindi deve essere a sua volta aiutato a riconoscerlo. Il bullo è colui che non riesce a sentirsi in empatia con l’altro quindi se è vero che serve un importante intervento punitivo nei confronti dei bulli, lo è altrettanto che alla base però ci siano interventi educativi. Ricordiamoci che tutte le volte che noi agiamo – soprattutto nei confronti dei minori – insieme alla punizione è necessario che siano messe in atto strategie di prevenzione. Ed è su questo che vorrei vedere impegnato in particolare il Ministro Valditara perché la politica può dare risposte in questo senso. E’ giusto che i ragazzi che sbagliano siano messi di fronte ai loro errori e quindi vengano messe in atto azioni per fargli capire che il gesto che hanno compiuto è un errore che ha danneggiato e colpito un loro coetaneo; una persona vicina a loro o anche un docente (che è cosa altrettanto grave). Ma è anche vero che la punizione da sola non basta se non non si agisce con la prevenzione».

In effetti la senatrice Bucalo parla di strumenti di prevenzione oltre che di repressione…

«Mi dispiace ma sto sentendo troppo poco se non nulla rispetto al primo tema. Ma forse la politica dovrebbe concentrarsi soprattutto su questo. Quindi qui non si tratta della paura della sanzione; l’unico timore è che questo governo pensi sia sufficiente una svolta sanzionatoria e securitaria senza studiare quali sono le cause alla base del malessere e quindi senza essere in grado di costruire azioni  di prevenzione di disagio e violenza».

 

Secondo lei la riforma del voto di condotta e di educazione civica voluta dal ministro Valditara aiuta in questa direzione?

«Ho una serie di perplessità rispetto alle posizioni del ministro e non le trovo chiare. Il voto di condotta e il voto in educazione civica sono oggi due elementi tra di loro separati. Sappiamo benissimo che l’introduzione dell’educazione civica come è oggi è stata voluta da alcune forze che fanno parte di questa maggioranza. E’ stata una riforma parziale, molto di slogan e poco di sostanza, riversata tutta sulle spalle dei progetti della scuola. Oggi ogni scuola ha un suo percorso predefinito che sceglie attraverso il collegio docenti con i consigli di classe che poi lo declinano. Il voto di condotta invece riguarda una singola scelta che la scuola fa stabilendo quale debba essere il codice di comportamento e dandosi dei parametri. Come questi due elementi possano essere tenuti insieme non mi è ancora chiaro».

Però in qualche modo bisognava intervenire rapidamente dopo la vicenda di Rovigo

«Valditara ha avuto ragione ad intervenire sullo strano caso del voto di condotta ai ragazzi che avevano colpito con una pistola ad aria compressa una loro insegnante (a cui esprimo tutta la mia solidarietà) perché lì significa che qualcosa nella valutazione complessiva all’interno del piano della scuola non ha funzionato. Però penso che questo poco c’entri con  l’educazione civica che è fatta di questo ma è fatta anche di altro. Spero che il ministro voglia affrontare questo tema con una bella discussione in Parlamento».

Magari è solo un luogo comune, ma non trova la posizione del suo partito troppo, diciamo così, “morbida”, quando si tratta di parlare di punizione dei bulli?

«Io non ci sto che il  pd venga considerato lassista perché non lo è ma non sono neppure per una pedagogia e un’educazione che siano solo punitive perché anche questo sarebbe completamente sbagliato. Ricordiamoci sempre che abbiamo a che fare con i minorenni e che la scuola è guidata da adulti che devono aiutare i ragazzi nel loro percorso di crescita. Non si può pensare che questo percorso venga fatto solo attraverso le punizioni e la repressione».

 

Però maggioranza e opposizione concordate che se ne esce solo con un’ alleanza tra scuola e famiglie. Ma siamo sicuri che quell’ alleanza non esista soltanto sulla carta o nei desideri di chi vive la scuola troppo da lontano?

«L’ alleanza tra scuola e famiglia è fondamentale. Io ci credo molto ma vedo tutta la difficoltà. Noi non parliamo mai di come poter riuscire a coinvolgere le famiglie perché non è che la scuola non lo faccia ma spesso non ci sono le risposte alle chiamate della scuola e spesso le famiglie che rispondono sono già motivate su questo fronte. Abbiamo bisogno di renderle più partecipi e per questo ribadisco quello che ho detto prima. Riuscire a far passare il messaggio di una comunità educante, dando anche ai genitori un ruolo di protagonisti all’interno di questo percorso forse potrebbe aiutare. E’ chiaro che la scuola non è un parcheggio e non può essere considerata tale dai genitori. In un’alleanza tutte le parti devono essere consapevoli che stanno giocando per una sfida che è comune».

Prima di salutarla, le giro una considerazione della segretaria della CISL, Ivana Barbacci, rilasciata alla Voce della Scuola qualche settimana fa. Dice Barbacci che diventa sempre più difficile trovare personale della scuola motivato e addirittura chi voglia lavorare nella scuola a causa degli stipendi troppo bassi e della mancanza di opportunità di crescita economica significative.

«Sono d’accordo con la Barbacci: esiste una sottovalutazione della professionalità docente e del ruolo che il docente svolge che è in primo luogo determinato dagli stipendi che sono tra i più bassi d’ Europa e non è un caso che le proposte del Pd – presentate nell’ultima campagna elettorale – andassero nella direzione di dare agli insegnanti uno stipendio più alto e nella media europea».

Non si poteva fare con i soldi del PNRR?

«Con Il PNRR non si può fare perché non sono contemplate le spese riguardanti il personale e quindi quelle risorse non si possono utilizzare in quel modo. Tuttavia, le risorse vanno trovate e il governo si deve impegnare nel riconoscimento economico della professione docente. Penso sia sacrosanto».

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