Elenchi regionali degli idonei: un decreto che penalizza esperienza, trasparenza ed equità
La pubblicazione del decreto è prevista entro il 31 dicembre
Si apprende dalla stampa e dalle dichiarazioni dei sindacati che, nel corso dell’informativa sindacale del 16 dicembre, è stata presentata la bozza di decreto ministeriale che darà attuazione alla norma sugli elenchi regionali dei candidati idonei ai concorsi ordinari.
La pubblicazione del decreto è prevista entro il 31 dicembre.
Parliamo di elenchi regionali per il ruolo riservati agli idonei dei concorsi ordinari dal 2020, ma i criteri proposti sollevano gravi e diffuse criticità.
- Il punteggio sarà determinato esclusivamente dalla somma dei risultati delle prove scritte e orali (comprese eventuali prove pratiche).
Nessuna valutazione dei titoli culturali e di servizio.
Una scelta che appare francamente assurda, se si considera che per anni ai docenti è stato chiesto di:
conseguire titoli aggiuntivi,
acquisire certificazioni,
frequentare corsi spesso a pagamento,
accettare lunghi anni di precarietà.
Con questa impostazione, titoli, certificazioni e anni di servizio rischiano di avere un valore pressoché nullo.
Il servizio svolto dai docenti precari, anche per molti anni, viene di fatto valutato zero. Un messaggio profondamente ingiusto e demotivante.
- Trasparenza assente
Altro punto critico: gli elenchi saranno consultabili esclusivamente dagli interessati tramite il sistema informativo del Ministero.
Una scelta poco trasparente.
Gli elenchi dovrebbero essere pubblici, per garantire correttezza, controllo e per prevenire storture, discrezionalità e favoritismi.
- Concorsi annuali = precarietà permanente
L’idea diffusa dei futuri concorsi annuali non porta stabilità, ma aumenta l’incertezza e rende il futuro dei precari ancora più fragile e imprevedibile.
Esclusioni discutibili e prive di una reale logica
Sono esclusi dagli elenchi:
i docenti che abbiano già un contratto a tempo indeterminato,
i docenti con contratto a tempo determinato finalizzato al ruolo.
Una scelta iniqua, perché si tratta di procedure diverse e idoneità diverse, che non dovrebbero escludersi a vicenda, confonde piani diversi e assimila impropriamente situazioni che non sono equivalenti.
Aver ottenuto un ruolo non annulla né rende superflua l’idoneità concorsuale conseguita successivamente o in una procedura distinta. L’idoneità certifica il superamento di prove selettive pubbliche e rimane tale, indipendentemente dallo status giuridico del docente. Escludere chi è già di ruolo significa trasformare il concorso da strumento di accertamento del merito a meccanismo condizionato dalla posizione amministrativa, non dalla competenza.
Per quanto riguarda i docenti con contratto a tempo determinato finalizzato al ruolo, la giustificazione appare ancora più debole. Anche se inseriti in un percorso di stabilizzazione, questi docenti:
- non sono ancora immessi in ruolo;
- sono soggetti a valutazione finale;
- possono, in linea teorica, non essere confermati.
Escluderli dagli elenchi equivale a considerarli già “definitivi”, anticipando un esito che non è ancora giuridicamente compiuto. Inoltre, si impedisce loro di avvalersi di un’idoneità ottenuta attraverso un concorso ordinario, che resta una procedura autonoma rispetto al percorso di immissione in ruolo.
- Una sola regione per tutti i concorsi superati
La norma prevede inoltre che ciascun candidato possa scegliere una sola regione, valida per tutte le procedure concorsuali superate.
Una previsione insensata, così come lo è non riconoscere alcuna priorità a chi ha svolto il concorso in una determinata regione, che rischia di essere sopravanzato da candidati provenienti da altre aree del Paese.
Secondo il Comitato Precari Uniti per la Scuola questa bozza non valorizza l’esperienza, non garantisce trasparenza e non offre né equità né stabilità.
La scuola pubblica non può essere costruita sull’azzeramento del servizio, sulla precarietà cronica, sull’esclusione di chi è risultato a un concorso ordinario pubblico e su regole percepite come ingiuste.
Servono correzioni profonde, prima che l’ennesima riforma si trasformi nell’ennesima penalizzazione per chi nella scuola lavora da anni.
Comitato Precari Uniti per la Scuola