Il Consiglio di Stato sospende il parere sulle nuove Indicazioni Nazionali: Valditara al bivio
Carenze nell’analisi di impatto, dubbi sui costi, errori formali e disciplina del latino facoltativo: il testo delle Indicazioni 2025 viene rimandato


Il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere l’espressione del parere sullo schema di regolamento delle nuove Indicazioni Nazionali 2025 per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo d’istruzione, sollevando una serie di rilievi critici nei confronti del testo presentato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. La decisione ha trovato ampia eco nel mondo della scuola, dove da tempo si segnalavano perplessità sui contenuti e sulla forma del documento.
Le principali criticità evidenziate
Una delle questioni centrali riguarda l’Analisi di Impatto della Regolamentazione, ritenuta «inadeguata allo scopo». Nel parere si sottolinea come manchino dati concreti, indicatori misurabili e un confronto sistematico con le Indicazioni del 2012. L’assenza di un’analisi puntuale delle carenze delle attuali Indicazioni e delle motivazioni specifiche del rinnovo rende il testo fragile e poco convincente.
Un altro punto riguarda i profili finanziari. Sebbene il documento contenga una clausola di neutralità economica, il Consiglio di Stato ha espresso dubbi sulla reale disponibilità di risorse. La documentazione tecnica non fornisce un quadro chiaro su come verranno coperti i costi e lascia aperte diverse incognite.
Anche i contenuti didattici e organizzativi sollevano perplessità. L’introduzione del latino come disciplina facoltativa nella scuola secondaria di primo grado viene considerata rischiosa per le disuguaglianze che potrebbe generare e per le difficoltà pratiche legate all’organizzazione degli insegnamenti. Critiche sono state rivolte anche all’impostazione della storia e alle tempistiche di entrata in vigore delle nuove disposizioni, che richiedono maggiore chiarezza e gradualità.
A queste problematiche si aggiungono numerosi errori formali e linguistici. Il Consiglio di Stato ha segnalato refusi, imprecisioni grammaticali e lessicali, oltre a scelte stilistiche incoerenti. Perfino la denominazione delle discipline necessita di uniformità. Tutto ciò, pur non compromettendo la sostanza normativa, rappresenta un segnale di scarsa cura redazionale.
Infine, vi sono questioni legate alla compatibilità normativa e ai riferimenti europei. Pur citando varie Raccomandazioni dell’Unione europea, il testo non valuta in concreto la coerenza con tali atti. È stato inoltre richiamato il principio costituzionale dell’articolo 34, che tutela il diritto allo studio “per tutti” e non solo per i cittadini, evidenziando la necessità di un allineamento pieno ai principi costituzionali e sovranazionali.