L' ex preside antimafia del quartiere Zen di Palermo patteggia due anni e mezzo per peculato e corruzione
Daniela Lo Verde, ex preside della scuola Giovanni Falcone nel quartiere Zen di Palermo, ha patteggiato una pena di due anni e mezzo di reclusione per peculato e corruzione. La vicenda, che ha scosso...

Daniela Lo Verde, ex preside della scuola Giovanni Falcone nel quartiere Zen di Palermo, ha patteggiato una pena di due anni e mezzo di reclusione per peculato e corruzione. La vicenda, che ha scosso profondamente il mondo scolastico e civile, coinvolge anche il suo ex vice, Daniele Agosta, condannato a due anni di reclusione.
I fatti
Le indagini, coordinate dalla Procura europea e dai pubblici ministeri Gery Ferrara e Amelia Luise, hanno fatto emergere una serie di irregolarità gravi. La preside e il suo vice sono stati accusati di aver sottratto beni e risorse destinati agli studenti della scuola dello Zen, intitolata al giudice Giovanni Falcone, simbolo della lotta contro la mafia.
Fra i beni sottratti figurano computer, supporti informatici, materiale didattico e persino alimenti, acquistati con fondi europei destinati alla didattica e al sostegno degli alunni. Le risorse sarebbero state utilizzate per fini personali, tradendo la missione educativa della scuola e il ruolo di riferimento etico che la figura della preside rappresentava.
L’inchiesta
A far partire l’indagine è stata la denuncia di un’insegnante che, notando anomalie nella gestione dei fondi, ha deciso di segnalare il caso alle autorità competenti. Da lì è emerso un quadro di sistematica appropriazione indebita e di utilizzo improprio delle risorse scolastiche.
Daniela Lo Verde era conosciuta come una figura di spicco per il suo impegno contro la criminalità organizzata e per il suo lavoro in una delle realtà più complesse di Palermo. Tuttavia, queste accuse hanno gettato un’ombra sulla sua reputazione e sulla credibilità dell’istituzione scolastica.
Le pene
Dopo l’arresto, i due imputati erano tornati in libertà, ma il procedimento giudiziario è proseguito. La pena è stata concordata con i pubblici ministeri, portando al patteggiamento per entrambi. Daniela Lo Verde ha accettato una condanna a due anni e mezzo di reclusione, mentre Daniele Agosta ha ricevuto una condanna a due anni.
Impatto e reazioni
Il caso ha suscitato indignazione e amarezza, soprattutto perché i fatti riguardano una scuola simbolo, intitolata a un magistrato che ha dato la vita per combattere la mafia. La vicenda rappresenta un monito sul rispetto e sull’uso corretto delle risorse pubbliche, specialmente quando sono destinate a contesti così delicati come quello dell’istruzione.
La comunità scolastica e le istituzioni locali hanno espresso la necessità di ricostruire la fiducia e di riaffermare l’importanza di una gestione trasparente e responsabile.