Luca Fantò (Referente nazionale PSI scuola), la domanda è legittima, la risposta non banale
La domanda è legittima, la risposta meno banale di quello che sembra. Come mai in tutte le scuole d’Italia si è riscontrata una grande difficoltà ad avere l’adesione dei docenti alla formazione per co...
La domanda è legittima, la risposta meno banale di quello che sembra. Come mai in tutte le scuole d’Italia si è riscontrata una grande difficoltà ad avere l’adesione dei docenti alla formazione per coprire le nuove figure introdotte dal Ministero dell’Istruzione?
Non si tratta certamente di una questione economica legata ad una eventuale mancata retribuzione
delle ore di formazione o alle scarse risorse previste per chi, eventualmente, dovesse decidere di
accettare l’incarico di tutor o orientatore. I Dirigenti Scolastici per ora sono riusciti a parare il colpo
spiegando che seguire il corso di formazione non implica l’obbligo di ricoprire l’incarico. Il rischio
è però che a settembre, nel momento in cui chi si è formato si vedrà assegnati decine di alunni, oltre
naturalmente alle proprie classi, la situazione possa essere diversa.
Le ragioni che spingono molti docenti a guardare con sospetto al progetto ministeriale sono
molteplici, certamente non venali, visto il lavoro che già svolgono e quanto poco vengono retribuiti.
Innanzitutto il progetto prevede che il tutor scolastico debba seguire tra i 20 ed i 50 alunni. Ciò vuol
dire interloquire con decine di famiglie e i Coordinatori delle classi degli alunni. Un carico di lavoro
enorme, al netto delle rassicurazioni che arrivano dal Ministero. Considerando i circa 200 giorni
all’anno di lezioni, i pomeriggi impegnati nelle riunioni, gli scrutini e gli esami, ben poco tempo
rimarrebbe da dedicare ai 20-50 alunni e alle loro famiglie.
In secondo luogo c’è il rischio che tale iniziativa replichi quella già in atto negli Istituti
professionali e nelle cui Segreterie si accumulano plichi di “Percorsi Formativi Individualizzati”.
Anche in questo caso i docenti, già da anni, compilano e aggiornano quasi mensilmente, dei
fascicoli personali sulla storia scolastica di ogni alunno. In questo caso il compenso è delegato alla
Contrattazione d’Istituto che, per le scarse risorse assegnate agli Istituti, spesso si riduce ad un
riconoscimento poco più che formale.
In terzo luogo se si pensa di sostanziare il cosiddetto “middle management” con tali, minime
risorse, che non sono in grado neppure di avvicinare lo stipendio dei docenti italiani a quello dei
Paesi europei più sviluppati (poco meno di 2000 euro netti all’anno, poco più di 150 euro al mese)
difficilmente si potrà cogliere nel segno.
La proposta di noi socialisti è ben diversa. Siamo convinti che tutte le scuole debbano rimanere
aperte sino al pomeriggio, che i docenti, salvaguardando il numero di ore frontali (che andrebbero
parificate nei diversi ordini di scuola), previa una ridefinizione giuridica ed economica del
contratto, vedano rimodulato l’orario nella parte da dedicare ai singoli alunni, agli approfondimenti,
alla formazione, alle riunioni. Pensiamo e proponiamo una scuola che realmente rappresenti una
comunità in grado di istruire ed educare i nostri giovani. Non forma, non burocrazia, semplice
sostanza.