La "pedagogia dell'innovazione"
Sentiamo parlare, in questi giorni, di una fantomatica "pedagogia dell'innovazione", dell'insostitubilità per la didattica dell' "intelligenza artificiale"


Sentiamo parlare, in questi giorni, di una fantomatica "pedagogia dell'innovazione", dell'insostitubilità per la didattica dell' "intelligenza artificiale", così come fino a ieri insostituibile a scuola era il Metaverso, fino all'altroieri la didattica digitale integrata ecc.
Bisognerebbe ricordare che il piano commerciale - dove per definizione si punta a "innovare" e a rendere obsoleto il più velocemente possibile il già esistente, per vendere sempre nuovi prodotti - e quello didattico, culturale ed educativo dovrebbero rimanere ben distinti. Oggi purtroppo non è così: le aziende del digitale hanno puntato le scuole e cercano - spesso riuscendoci, con la collaborazione attiva dei promoter interni - di creare falsi bisogni e di imporre una didattica funzionale ai mezzi (quando dovrebbe essere esattamente il contrario). La retorica commerciale di un' "innovazione" fine a se stessa, indipendente da qualunque stratificazione dell'esperienza nel tempo e da ogni riflessione e accertamento di validità educativa e culturale, che trasforma la scuola stessa in prodotto, è imposta ai docenti attraverso le pressioni del PNRR (fino a ieri), della "formazione" (vedi i corsi per i neo-immessi in ruolo o per gli "orientatori"), delle modalità di reclutamento, delle "avanguardie educative" ben inserite nel contesto scolastico e ministeriale, dei dirigenti scolastici che spadroneggiano sui collegi docenti e non troppo di rado collaborano con quelle stesse aziende che poi entrano a piè pari nelle "loro" scuole, delle "fiere" Didacta e simili.
Così non si fa il bene della scuola, dove c'è bisogno prima di tutto di insegnanti che parlino davvero con gli studenti, li prendano sul serio, abbiano qualcosa di importante da dire e da insegnare loro, non di ricette preconfezionate e prodotti da vendere.
Gruppo La nostra scuola
Associazione Agorà 33