Medicina: una sfida lunga un semestre. Le graduatorie a gennaio 2026, ma il numero chiuso resta
Medicina, la sfida è lanciata: a gennaio le graduatorie. Il numero chiuso resta e i sogni di molti rischiano di infrangersi.
Il 12 gennaio 2026 sarà il giorno della verità per migliaia di aspiranti camici bianchi. È questa la data fissata per la pubblicazione delle graduatorie nazionali di merito per l’accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e chirurgia, Odontoiatria e Medicina veterinaria, interamente in lingua italiana. Si tratta della prima vera prova di resistenza per gli studenti che hanno aderito alla nuova formula del “semestre aperto”, il sistema introdotto dalla riforma Bernini per superare, almeno nelle intenzioni, i limiti del vecchio test di ingresso.
Ma davvero qualcosa è cambiato?
Il decreto Bernini
Il decreto firmato dalla ministra Anna Maria Bernini, pubblicato nei giorni scorsi, fissa criteri, scadenze e modalità di immatricolazione per l’anno accademico 2025-2026. I posti disponibili – ancora contingentati – saranno assegnati sulla base del punteggio ottenuto dagli studenti al termine del semestre aperto, un periodo in cui è stato possibile frequentare liberamente corsi propedeutici e sostenere prove di valutazione intermedie. Alla fine, come sempre, qualcuno accederà e qualcun altro no. I risultati saranno resi noti dopo l’Epifania, quando si tireranno le somme e si stileranno le graduatorie nazionali.
Un passo avanti verso un accesso più equo? Forse. Ma il numero chiuso, di fatto, rimane.
La sfida degli immatricolati
La vera novità della riforma sta proprio nella possibilità di mettersi alla prova con lo studio e gli esami invece che con un test secco da 60 domande. Un cambiamento, sulla carta, significativo: l’idea è quella di valutare motivazione, preparazione progressiva e costanza, piuttosto che la sola performance in una giornata. Ma nella sostanza, si tratta pur sempre di un meccanismo selettivo. Il numero di posti disponibili resta limitato – e stabilito ogni anno con decreto – e ciò significa che la competizione è tutt’altro che superata.
Lo scenario che si prospetta è quello di una “scrematura dilazionata” nel tempo: sei mesi di corsi, esami e incertezza, per poi ritrovarsi, a gennaio, in una classifica nazionale dove pochi salgono e molti restano giù.
Chi vincerà, chi perderà
A vincere saranno, come sempre, gli studenti più forti, determinati, ben guidati – spesso anche ben preparati da famiglie che possono permettersi ripetizioni private e percorsi mirati. A perdere saranno i più fragili, i meno informati, quelli che si sono avvicinati tardi al sogno della Medicina o non hanno potuto permettersi supporti extra. Non è un caso che molte delle critiche al nuovo sistema siano arrivate proprio da chi da anni denuncia le diseguaglianze di partenza che affliggono l’accesso agli studi universitari.
Il semestre aperto rischia dunque di trasformarsi in una lunga e snervante attesa, nella quale gli studenti, pur frequentando e sostenendo prove, non hanno alcuna certezza sull’esito finale. Un limbo che penalizza soprattutto chi non può permettersi di perdere tempo o risorse.
Le critiche e i nodi ancora irrisolti
Le polemiche non sono mancate. Il sistema resta chiuso, anche se con una porta leggermente più larga. La logica della selezione nazionale rimane dominante, e a poco servono le dichiarazioni d’intenti sull’“accesso più equo”. Non c’è reale superamento del numero programmato: le graduatorie restano e i sogni vengono infranti in nome di vincoli di spesa e programmazione sanitaria.
Inoltre, non viene risolto il problema che da decenni affligge il nostro sistema: il figlio dell’operaio che studia quanto e più del figlio del professionista, ma senza riuscire ad accedere alla facoltà, perché magari ha iniziato tardi a prepararsi o ha dovuto lavorare. Il cambiamento di metodo non ha modificato la sostanza: le diseguaglianze sociali e culturali sopravvivono anche al semestre aperto.
Gli studenti Ue e non Ue
Le graduatorie nazionali saranno suddivise in più categorie. Una parte sarà riservata agli studenti Ue e ai non Ue residenti in Italia (equiparati per legge), un’altra agli studenti non Ue residenti all’estero, per i quali i posti saranno limitati e assegnati su base internazionale. È evidente che il meccanismo rimane complesso e frammentato, con regole diverse e quote distinte, che spesso creano confusione e alimentano contenziosi.
I corsi affini: la medicina “di ripiego”
Chi non riuscirà ad accedere a Medicina, potrebbe scegliere corsi “affini”: Biotecnologie, Scienze biologiche, Farmacia. Ma è una strategia a doppio taglio: in molti casi, si tratta di scelte forzate, spesso illusorie, nella speranza di rientrare l’anno dopo o con il sogno di un futuro passaggio a Medicina – ipotesi molto difficile da realizzare. Una frustrazione che accompagna migliaia di studenti ogni anno.
Un cambiamento a metà
La firma del decreto da parte della ministra Bernini chiude la fase attuativa della riforma e apre il semestre dell’attesa. Ma la riforma del sistema di accesso a Medicina appare ancora incompleta. Il semestre aperto è un passo avanti? Forse. Ma non è la svolta radicale che ci si aspettava. Il numero chiuso resta, le disuguaglianze pure, e la selezione è solo stata spostata più avanti nel tempo.
A gennaio ci saranno vincitori e vinti, come sempre. Ma la vera domanda resta: quanti talenti perdiamo, ogni anno, in nome di un sistema che ancora non riesce a garantire a tutti le stesse opportunità?