Mille scuole senza preside: la scuola italiana al collasso della governance
Mille scuole senza preside: la scuola italiana al collasso della governance

A partire da settembre 2025, oltre 1.000 istituzioni scolastiche italiane saranno senza un dirigente scolastico titolare, affidate in reggenza a presidi già incaricati in altre scuole. La conferma è arrivata direttamente dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha provato a rassicurare l’opinione pubblica affermando che “i concorsi sono stati riattivati” e che “la scuola italiana sta ripartendo”.
Ma queste parole non bastano più. Non per chi conosce la realtà quotidiana delle scuole italiane. Perché mentre il Ministero annuncia nuove prospettive, migliaia di dirigenti scolastici vincitori di concorso — riservato e ordinario — sono pronti, formati, selezionati, eppure lasciati senza incarico. Un paradosso che grida vendetta, e che denuncia una politica miope, fatta di scelte al ribasso, ritardi strutturali e promesse disattese.
Dirigenti ci sono, pronti e selezionati. Ma lo Stato li ignora
Il quadro è chiaro e, al tempo stesso, sconcertante. A fronte delle mille scuole vacanti, oltre 2.000 dirigenti sono risultati vincitori di concorso. Non si tratta di aspiranti, ma di professionisti che hanno superato selezioni complesse e percorsi di formazione esigenti. Eppure, le assunzioni restano bloccate da una volontà politica che preferisce mantenere il sistema in uno stato di precarietà costante, usando la leva della reggenza come soluzione tampone per risparmiare sulla spesa pubblica.
Il danno è doppio: da un lato si nega il diritto al lavoro a chi ha meritato l’accesso al ruolo, dall’altro si sovraccaricano dirigenti già in servizio, costretti a gestire due o addirittura tre scuole contemporaneamente, spesso a centinaia di chilometri di distanza l’una dall’altra.
Le reggenze: un’anomalia che mina la scuola italiana
Come denunciato da tutte le principali sigle sindacali rappresentative — ANP, Dirigentiscuola, UIL, CISL — e persino riconosciuto dallo stesso Ministero dell’Istruzione e del Merito e dai suoi uffici scolastici regionali (USR), la reggenza è ormai diventata un meccanismo sistemico e abusato, che mina alla radice l’equilibrio organizzativo e gestionale delle istituzioni scolastiche.
Un preside reggente non può essere pienamente presente, né può garantire la qualità della leadership. La sua attenzione è divisa, il tempo è frammentato, le urgenze si moltiplicano. Le scuole assegnate in reggenza restano di fatto senza guida strategica, senza presidio costante, senza capacità di risposta rapida alle esigenze di studenti, famiglie, docenti. E le conseguenze sulla salute psicofisica dei dirigenti sono gravi: secondo l’indagine ANP-LUMSA, il 90% dei presidi lavora a ritmi insostenibili, il 99% affronta contemporaneamente una molteplicità di compiti complessi, e l’85% accusa accumulo irregolare del lavoro, con manifestazioni frequenti di burnout, insonnia, stress e disagio psicologico profondo.
Un sistema che scarica le sue inefficienze sui dirigenti
Di fronte a questi numeri, il silenzio o la retorica ottimistica non bastano più. Occorre chiamare le cose con il loro nome: la reggenza è una violenza organizzativa, che scarica le inefficienze del sistema su chi già sostiene la scuola con professionalità e sacrificio. È una
forma moderna di sfruttamento istituzionalizzato, resa “normale” da anni di rinvii, tagli e scelte calcolate.
Le proposte alternative, come quella di introdurre “vicepresidi” o “middle management” con deleghe gestionali, rischiano di produrre nuove figure ibride, senza reale autonomia né riconoscimento giuridico, con il solo effetto di coprire carenze strutturali con soluzioni pasticciate.
Basta rattoppi. È tempo di scelte coraggiose
Il Ministro annuncia nuovi investimenti per palestre, impianti sportivi, laboratori digitali, e piani di comunicazione per promuovere l’offerta scolastica, in particolare nelle aree interne. Tutto ciò è importante. Ma nessuna innovazione funziona senza una guida.
Una scuola senza dirigente scolastico è come un ospedale senza il suo direttore generale, come una questura senza questore, come una nave senza comandante. Non basta ristrutturare l’edificio o dotarlo di nuove tecnologie: senza una leadership stabile, presente, competente, l’intero impianto educativo si sgretola. La scuola resta senza voce nelle emergenze, senza regia nella progettazione, senza garanzie di continuità e coerenza nelle scelte.
La verità è semplice: chi guida una scuola, guida la qualità dell’istruzione e la formazione delle generazioni future. E allora, o si investe con decisione sulla dirigenza scolastica, oppure si sceglie consapevolmente di continuare a navigare a vista, col rischio concreto di un naufragio educativo.
Una domanda aperta alla politica
Non servono nuove riforme, non servono nuove leggi: servono nomine immediate, serve il rispetto dei diritti di chi ha superato i concorsi, serve una visione che riconosca il valore strategico del ruolo dirigenziale nella scuola pubblica.
La domanda non è tecnica, è politica: lo Stato è pronto a garantire stabilità alla sua scuola o continuerà a logorarla con l’illusione della reggenza infinita? Perché senza dirigenti, non c’è scuola che possa dirsi autonoma, efficace, viva.
Il tempo delle reggenze deve finire. E con esso, anche quello delle scorciatoie.
Cordiali saluti,
I Dirigenti Scolastici vincitori del concorso DM 107/2023