No all’ideologia, no all’ipocrisia: se questa è la sanità che vogliamo, prepariamoci al peggio
Polizza sanitaria gratis ai docenti dal 2026: sollievo immediato, ma soldi sottratti alla scuola, con politica e sindacati bloccati tra ideologia e consenso

La CGIL, la UIL e la Gilda sanno benissimo che la misura piacerà alla base. Sanno che non si tratta di un complotto del capitale per privatizzare la salute dei docenti, ma di un contentino concreto per rendere meno penosa l’esperienza quotidiana con il SSN. E sanno anche che dire un “no” secco li metterebbe dalla parte sbagliata della percezione collettiva: quella di chi toglie qualcosa, non di chi difende un principio.
Così inventano la strategia dell’attesa: “passaggi statutari”, “misura da verificare”, “riserva di valutazione”. Linguaggio da manuale della burocrazia prudente. Nessuno ammette che la loro è una posizione ideologica: il pubblico prima di tutto, anche quando il pubblico non funziona. Nessuno dice apertamente che, in cuor loro, questa misura è una bestemmia contro la purezza dell’universalismo sanitario.
La contraddizione di fondo
Il problema vero non è la polizza. Il problema vero è da dove arrivano i soldi: 65 milioni l’anno, di cui una bella fetta, dal 2027 in poi, presi dal fondo per il funzionamento delle scuole. In un paese dove la spesa per l’istruzione è già tra le più basse d’Europa in rapporto al PIL, spostare risorse verso la sanità è come togliere ossigeno a un malato per darla a un altro malato, nella speranza che almeno uno dei due sopravviva.
E il paradosso diventa grottesco se pensiamo che quei soldi non vanno neanche al SSN, ma al settore privato convenzionato tramite una compagnia assicurativa. Un passaggio intermedio, elegante e ben impacchettato, che accontenta i lavoratori ma non risolve nulla né per la scuola né per la sanità.