Suicidio di Paolo Mendico: la scuola non può più permettersi il silenzio
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profondo cordoglio e partecipazione al dolore della famiglia di Paolo Mendico


Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profondo cordoglio e partecipazione al dolore della famiglia di Paolo Mendico, il ragazzo di 15 anni che si è tolto la vita lo scorso 10 settembre nella sua casa di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina. Una tragedia che ci scuote, ci interpella, ci obbliga – come educatori, come cittadini, come istituzioni – a non voltare lo sguardo.
Secondo quanto riportato dalla stampa nazionale, la Procura di Cassino ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha disposto due ispezioni nelle scuole frequentate da Paolo e il ministro Valditara ha contattato personalmente il padre del ragazzo per esprimere la propria vicinanza. Ma tutto questo, seppur doveroso, arriva dopo. Arriva troppo tardi per Paolo.
Colpisce e rattrista leggere la lettera scritta dal fratello della vittima al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in cui si denuncia un clima di isolamento, derisione e bullismo subito da Paolo per anni. Il fratello racconta di segnalazioni mai ascoltate, di comportamenti vessatori, di una sensibilità ignorata o fraintesa come debolezza. Paolo, ci dicono, amava la musica, era gentile, riflessivo, forse più fragile di altri, ma certamente bisognoso di ascolto, comprensione e tutela.
Non possiamo far passare questa tragedia come un drammatico episodio isolato. Non possiamo accontentarci di cordogli ufficiali o di interventi retrospettivi. Questo evento rappresenta una ferita che tocca la scuola nel suo cuore più profondo e che impone una revisione radicale della sua capacità di riconoscere il disagio, accogliere la fragilità, attivare percorsi di cura e protezione reali, efficaci e tempestivi.
La scuola non può più permettersi il lusso dell’indifferenza, né può continuare a confidare esclusivamente nella sensibilità dei singoli. Serve un sistema strutturato che garantisca ascolto, formazione e responsabilità. Serve la presenza stabile di figure professionali preparate, capaci di individuare i segnali prima che sia troppo tardi. Serve che le segnalazioni dei genitori non si disperdano nella burocrazia, ma trovino risposte chiare e documentate. Serve che il tema del bullismo non sia relegato a qualche giornata simbolica, ma diventi parte integrante dell’identità educativa delle scuole italiane.
Al di là delle inchieste, dei fascicoli aperti e delle ispezioni, resta il vuoto di un ragazzo che non tornerà più. Paolo aveva diritto a essere protetto, ascoltato, accolto per quello che era. E questo diritto gli è stato negato, forse da una scuola che non ha saputo vedere, forse da una società che ancora fatica a riconoscere il valore della diversità e della vulnerabilità.
Come CNDDU, ci appelliamo al Ministro dell’Istruzione e del Merito perché si apra un confronto vero, strutturato, trasparente, con il mondo della scuola. Non servono solo risposte emotive, ma atti concreti, riforme coraggiose, investimenti seri nella formazione del personale e nella presenza di presìdi educativi stabili. Chiediamo che la memoria di Paolo non venga consumata dalla cronaca, ma diventi il punto da cui ripartire per ricostruire una scuola che protegge davvero, che educa alla convivenza, che ascolta chi ha paura, che interviene quando qualcosa non va.
Questo non è solo il dovere di un'istituzione. È il dovere morale di un Paese civile.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU