TFA Sostegno Estero: la storia di una docente e la ferita aperta della meritocrazia italiana
Il caso di Maddalena: dieci anni di sacrifici

In Italia il dibattito sulla qualità e l’equità dell’accesso alla professione docente si intreccia, da anni, con la controversia sui titoli di specializzazione per il sostegno conseguiti all’estero, in particolare in Paesi come Romania e Spagna. Un fenomeno che inchieste giornalistiche, denunce e testimonianze dirette descrivono come un vero e proprio mercato parallelo della formazione, dove percorsi accademici rapidi e di dubbia serietà rischiano di mettere in ombra anni di studio e sacrificio richiesti dai corsi nazionali.
Un mercato di titoli e un sistema sotto pressione
Le indagini condotte da diverse testate — tra cui Fanpage — hanno mostrato come, in certi contesti, ottenere un titolo di specializzazione per il sostegno all’estero possa avvenire senza esami reali, con lezioni online ridotte all’osso e tirocini simulati. I costi? Fino a 5.500 euro per un certificato che, in alcuni casi, viene rilasciato senza che il candidato abbia mai messo piede in un’aula universitaria straniera.
Questa realtà ha aperto una frattura profonda nel mondo scolastico: da un lato chi ha investito anni di studio, energie e denaro per conseguire il TFA Sostegno in Italia; dall’altro chi, pagando, ha avuto accesso a scorciatoie formative. Una situazione che solleva interrogativi sulla qualità della preparazione e sull’effettiva tutela degli studenti con disabilità.
La risposta del Ministero e le polemiche
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha cercato di intervenire. Con l’Ordinanza Ministeriale n. 88 del 16 maggio 2024 ha disposto l’inserimento “a pettine” nelle Graduatorie Provinciali per le Supplenze anche per docenti con titoli esteri in attesa di riconoscimento. L’obiettivo dichiarato era sopperire alla cronica carenza di insegnanti di sostegno. Ma la mossa ha acceso nuove polemiche: associazioni di categoria e docenti formati in Italia hanno parlato di disparità di trattamento, di svilimento della professionalità e di tradimento del principio di meritocrazia.
Il caso di Maddalena: dieci anni di sacrifici
Dietro questa vicenda ci sono storie personali che raccontano, meglio di ogni statistica, cosa significhi “fare il percorso giusto” in Italia. Maddalena — nome di fantasia — ha lavorato dieci anni come assistente all’infanzia in una scuola privata. Per accedere al TFA Sostegno ha preso un diploma serale, ha provato il concorso tre volte senza successo e alla quarta ce l’ha fatta.
Durante il corso di specializzazione ha subito un’importante operazione chirurgica, ma non ha potuto assentarsi: “Ho seguito le lezioni con dolori addominali e la fatica di chi deve rimettersi in piedi subito, perché perdere quell’anno significava buttare via tutto”, racconta. La sua storia è il simbolo di un impegno lungo, costoso e faticoso — agli antipodi rispetto alle scorciatoie di chi si è rivolto a percorsi esteri poco trasparenti.
Meritocrazia ferita e contenziosi legali
Il tema non è solo etico ma anche giuridico. In più occasioni il TAR del Lazio ha accolto ricorsi di docenti con titoli esteri, annullando i dinieghi del Ministero, ma confermando la necessità di una valutazione sull’equivalenza dei percorsi formativi. Il Decreto Legge n. 71 del 2024 ha introdotto corsi integrativi obbligatori per chi è in attesa di riconoscimento del titolo, ma per molti questo non basta a sanare la frattura.
“Come si può ignorare ciò che abbiamo fatto per arrivare qui? Ogni giorno dico a mio figlio che deve andarsene dall’Italia, perché qui non conta il merito, qui passa avanti chi aggira le regole”, afferma Maddalena. Il suo grido è quello di una categoria che chiede giustizia, non solo per sé stessa ma per la credibilità dell’istruzione pubblica.
La partita è ancora aperta. E dal modo in cui le istituzioni affronteranno questa vicenda dipenderà non solo la qualità della scuola italiana, ma la fiducia dei cittadini nella promessa — sempre più fragile — di una vera meritocrazia.