Trasparenza negata: quando il Ministero tollera violazioni e tradisce la funzione pubblica

Lettera alla redazione

A cura di Redazione Redazione
19 dicembre 2025 18:32
Trasparenza negata: quando il Ministero tollera violazioni e tradisce la funzione pubblica -
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Riceviamo e pubblichiamo - Movimento ordinaristi ds 2023

La trasparenza nella Pubblica Amministrazione non è una concessione né una prassi di cortesia istituzionale: è un obbligo giuridico inderogabile. Quando viene sistematicamente negata, non si è in presenza di disfunzioni periferiche o di errori isolati, ma di violazioni della legge che chiamano in causa la responsabilità dell’amministrazione centrale cui compete l’indirizzo, il coordinamento e la vigilanza.

Nel concorso pubblico per dirigenti scolastici bandito con DM n. 194/2022 e D.D. n. 2788/2023, il Movimento Ordinaristi Dirigenti Scolastici 2023 segnala come, in numerosi Uffici Scolastici Regionali, il diniego o il rinvio reiterato dell’accesso agli atti sia divenuto una prassi strutturale e tollerata. Una prassi che svuota di contenuto i principi di legalità, imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 della Costituzione e che non può essere ricondotta a mere autonomie operative regionali.

Gli UU.SS.RR. non agiscono in un vuoto di responsabilità: sono articolazioni del Ministero dell’Istruzione e del Merito e, come tali, operano sotto la sua direzione politica e amministrativa. Quando l’illegittimità diventa sistemica, il problema non è più locale: è centrale. Il quadro normativo è chiaro e vincolante. Ed è noto al Ministero!!!

La Legge n. 241/1990 riconosce il diritto di accesso come strumento essenziale di partecipazione, controllo e tutela. Il termine di trenta giorni è perentorio: il silenzio equivale a diniego illegittimo.

Il D.Lgs. n. 33/2013 lega la trasparenza alla prevenzione della corruzione.

Il D.Lgs. n. 97/2016 (FOIA) supera definitivamente ogni concezione proprietaria degli atti amministrativi.

Le Linee guida ANAC consentono il diniego solo in casi eccezionali, rigorosamente motivati e temporalmente circoscritti.

Eppure, nel concorso per dirigenti scolastici, tali principi vengono aggirati con formule standardizzate, silenzi procedimentali e richieste di requisiti non previsti dalla legge. Prassi che non possono essere ignorate dal Ministero senza trasformare l’inerzia in responsabilità per omissione di vigilanza. Concorso DS: quando l’opacità diventa responsabilità centrale.

Nei concorsi per l’accesso alla dirigenza pubblica, l’accesso agli atti non è un adempimento formale, ma una garanzia sostanziale di legalità. Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 21 gennaio 2022, ha chiarito che la discrezionalità delle commissioni non è arbitrio e che la legittimità della procedura richiede criteri predeterminati, applicazione coerente e verbalizzazione idonea al controllo esterno.

In assenza di trasparenza, il procedimento perde verificabilità e l’esclusione del candidato diventa opaca e giuridicamente fragile. La verbalizzazione non è un atto accessorio, ma parte integrante della legittimità concorsuale. Questo principio è noto e consolidato. Continuare a disattenderlo significa violare consapevolmente l’indirizzo giurisprudenziale.

Negare o ritardare l’accesso a verbali, griglie, criteri applicativi e schede di valutazione impedisce l’esercizio del diritto di difesa e alimenta un contenzioso che non è patologico, ma indotto. Il Consiglio di Stato e l’invito ignorato alle soluzioni politiche

La sentenza del Consiglio di Stato del 21 gennaio 2022 contiene un passaggio che interpella direttamente il Ministero. Il giudice amministrativo evidenzia come il contenzioso seriale nei concorsi per dirigenti scolastici non possa essere affrontato esclusivamente in sede giudiziaria, ma richieda soluzioni correttive anche di natura politico-amministrativa.

Il contenzioso reiterato non è un incidente di percorso: è il sintomo di disfunzioni strutturali. Di fronte a tali disfunzioni, limitarsi a resistere in giudizio significa rinunciare alla funzione di governo del sistema. Il Ministero, in quanto titolare dell’indirizzo e della responsabilità politica, non può ignorare questo richiamo senza tradire il proprio ruolo istituzionale.

Il rifiuto o il ritardo nell’accesso agli atti non è solo violazione procedimentale: è scelta consapevole di alimentare il conflitto, trasferendo sui tribunali il costo di errori amministrativi che potrebbero essere risolti con interventi chiari, trasparenti e tempestivi!

Trasparenza o amministrazione senza legittimazione. Garantire l’accesso agli atti non espone il Ministero: lo obbliga alla correttezza. Negarlo non tutela l’interesse pubblico: lo compromette.

La trasparenza non è una concessione degli uffici periferici, ma un dovere che discende direttamente dall’amministrazione centrale. Quando il Ministero tollera prassi illegittime, non esercita neutralità: esercita responsabilità politica! Uno Stato di diritto non chiede fiducia. La dimostra, correggendo i propri errori prima che siano i giudici a farlo.

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