Tutor e orientatori: bastano tre anni per ridurre i compensi alle solite briciole
Si era partiti con 4-5mila euro. Da quest’anno ne arriveranno al massimo 1200: la riforma muore di asfissia fiscale e disinteresse istituzionale
Era il 2022 quando l'allora Ministro dell'Istruzione presentava con enfasi la grande riforma dell'orientamento scolastico: tutor e orientatori come figure cardine della nuova scuola, professionisti chiamati a guidare studentesse e studenti verso scelte consapevoli. I compensi annunciati facevano brillare gli occhi: 4.000-5.000 euro lordo Stato per i docenti tutor, fino a 5.500 per gli orientatori. Una cifra che sembrava finalmente riconoscere il valore di un incarico complesso e time-consuming.
La UIL aveva avvertito: "È marketing ingannevole"
La UIL Scuola non aveva aspettato molto per denunciare quella che definì una "operazione di marketing ingannevole". Già nei primi mesi del 2023, il sindacato aveva fatto notare l'evidente distorsione comunicativa: annunciare i compensi in lordo Stato significa raccontare una cifra che il lavoratore non vedrà mai in busta paga. "State promettendo 4.000-5.000 euro sapendo benissimo che ne arriveranno circa il 60% in meno", tuonava il segretario. Ma la comunicazione ministeriale aveva continuato imperterrita a sparare i numeri lordi nei comunicati stampa, sapendo che nell'immaginario dei docenti quella cifra sarebbe rimasta impressa come "il compenso" dell'incarico.
La matematica è spietata e la UIL aveva visto giusto: un compenso lordo stato di 4.000 euro si trasforma in circa 1.640 euro netti. Non il 10-15% in meno, come nelle normali retribuzioni da lavoro dipendente, ma il 59% in meno. Perché il lordo stato non è il lordo che conosci tu, cittadino comune, ma una cifra comprensiva di tutti gli oneri che lo Stato si addebita da solo prima ancora di calcolare le tasse sul lavoratore.
Il tritacarne fiscale: dal sogno alla realtà
Tre anni dopo, la favola è finita esattamente come prevedibile e previsto: i soldi sono andati altrove e i compensi effettivi sono tornati ai livelli bassi, bassissimi degli incarichi a scuola. Parliamo di un massimo di 1200 euro netti all'anno per chi accetta l'incarico. Facciamo i conti che il Ministero evita accuratamente di fare: dal lordo stato al netto dipendente passa un coefficiente di conversione da incubo. Prima lo Stato si trattiene il 24,6% per oneri a suo carico (INPS 24,2% e IRAP 8,5%), trasformando il "generoso" lordo stato in un più modesto lordo dipendente. Poi arrivano i contributi del lavoratore (9,15%), e infine IRPEF e addizionali calcolate sull'aliquota marginale (dal 28% al 32% in più). Risultato: per ogni 1.000 euro sbandierati in conferenza stampa, al docente arrivano 400 euro scarsi in bonifico.
Il silenzio assordante dopo i proclami
Ma la vera beffa non è solo nei numeri. È nella progressiva sparizione della riforma dall'agenda politica e mediatica. Nessuno ne parla più. Le scuole faticano a trovare volontari per questi incarichi, i docenti che li hanno accettati si ritrovano con carichi di lavoro considerevoli per compensi che, calcolati a ore effettive, scendono sotto i 20 euro lordi l'ora. Meno di una lezione privata, meno di un corso di formazione, meno di qualsiasi attività professionale minimamente qualificata.
Chi ha denunciato per tempo l'inganno comunicativo può legittimamente dire "ve l'avevamo detto". Ma poco consola. Nel frattempo, la narrazione ministeriale è già passata ad altre "epocali riforme": il voto in condotta, il cellulare vietato, la maturità ripensata. Tutor e orientatori? Roba vecchia, archiviata nel cassetto delle buone intenzioni mai finanziate seriamente, annunciate con il megafono del lordo stato e liquidate con le briciole del netto dipendente.
Come sempre nella scuola italiana, si annuncia in grande con i numeri che fanno scena, si stanzia poco, si tassa tanto, si ottiene nulla. E gli insegnanti, ormai vaccinati contro l'entusiasmo riformatore e contro le cifre gonfiate ad arte, scrollano le spalle con la rassegnazione di chi ha visto questo film troppe volte. La prossima volta che un ministro annuncerà compensi "fino a X mila euro", forse qualcuno avrà imparato a dividere per 2,5. O forse no, perché la speranza è sempre l'ultima a morire. Anche quando il conto in banca dice il contrario.