Asili nido, ridotto l'obiettivo di copertura al 15%: critiche su tagli e disuguaglianze territoriali
Il recente annuncio del governo italiano di ridurre l’obiettivo di copertura degli asili nido dal 33% al 15% su base regionale ha generato una forte reazione da parte di rappresentanti politici, enti...

Il recente annuncio del governo italiano di ridurre l’obiettivo di copertura degli asili nido dal 33% al 15% su base regionale ha generato una forte reazione da parte di rappresentanti politici, enti locali e associazioni educative. Questa decisione, ritenuta in controtendenza rispetto agli obiettivi precedentemente stabiliti e finanziati dal governo Draghi, ha sollevato preoccupazioni su vari fronti, dalla gestione dei servizi per l’infanzia fino alle disuguaglianze territoriali, con un impatto significativo soprattutto nelle regioni del Sud e nelle aree interne del Paese.
Il cambiamento degli obiettivi di copertura
Nel 2022, il governo Draghi aveva fissato un obiettivo ambizioso: raggiungere una copertura del 33% dei servizi di asilo nido su base locale, con l’intento di superare le disuguaglianze esistenti e di uniformare l’accesso a servizi educativi fondamentali per l’infanzia. Per questo progetto, erano stati stanziati fondi progressivi, destinati a garantire la sostenibilità economica del servizio: 120 milioni per il 2022, 175 per il 2023, 230 per il 2024, fino ad arrivare a oltre un miliardo di euro annui dal 2027 in poi. Questi fondi miravano a potenziare i servizi di asilo nido in tutto il Paese e ad avvicinarsi agli standard europei.
Con il nuovo Piano strutturale di Bilancio, però, il governo ha introdotto un obiettivo differente, con una copertura regionale del servizio fissata al 15%, una decisione che appare come un notevole passo indietro rispetto agli impegni presi. Di fatto, questo cambiamento implica un dimezzamento degli obiettivi fissati e sembra rispondere alla necessità di ridurre la spesa pubblica, in un contesto di rigide trattative sul Patto di Stabilità.
Le critiche: disuguaglianze territoriali e tagli ai servizi essenziali
Una delle voci più critiche è stata quella di Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico in commissione istruzione, che ha evidenziato come questa scelta rischi di ridurre l’uniformità del servizio su scala nazionale. “È una scelta gravissima che riflette il progetto di autonomia differenziata e che rischia di spaccare ulteriormente l’Italia in due,” ha dichiarato Manzi, sottolineando che questa decisione è anche un modo per ridurre i costi a scapito dei servizi essenziali. Manzi ha insistito che i tagli alla spesa imposti dal Patto di Stabilità non dovrebbero colpire i servizi per l’infanzia, ritenuti fondamentali per sostenere le famiglie e promuovere lo sviluppo educativo.
Simona Malpezzi, anch’essa del Partito Democratico, ha messo in evidenza le implicazioni finanziarie della riduzione dell’obiettivo di copertura. Malpezzi ha ricordato che il governo Draghi aveva previsto una serie di fondi destinati agli asili nido, con una crescita progressiva che sarebbe culminata nel 2027. “Se il governo ora stabilisce che la copertura deve fermarsi al 15%, dove finiranno quei soldi già stanziati per la gestione e l’incremento del servizio?” ha chiesto la politica, manifestando una preoccupazione condivisa su come verranno riassegnate tali risorse.
Anche Giovanna Bruno, sindaca di Andria e vicepresidente di ALI (Autonomie Locali Italiane), ha espresso il suo disappunto. Bruno ha sottolineato che il taglio dell’obiettivo di copertura rischia di penalizzare ulteriormente le regioni meridionali e le aree più remote, dove l’accesso agli asili nido è già limitato rispetto al Nord Italia. “Non possiamo accettare una tale beffa,” ha dichiarato Bruno, mettendo in evidenza come questa scelta possa accentuare le disparità di accesso ai servizi educativi nel Paese.
L’intervento della rete EducAzioni
Anche la Rete EducAzioni, una coalizione di organizzazioni impegnate nel settore dell’educazione, ha preso posizione, affermando che la riduzione della copertura nazionale degli asili nido rischia di compromettere il raggiungimento dei nuovi obiettivi europei in materia di educazione infantile. La Rete ha espresso particolare preoccupazione per il Mezzogiorno e le aree interne, dove la disponibilità di posti negli asili nido è già più bassa rispetto ad altre regioni italiane. Secondo la Rete, questa decisione rischia di aggravare le disuguaglianze territoriali, penalizzando soprattutto i bambini e le famiglie delle aree meno sviluppate.
L’impatto a lungo termine
Le criticità sollevate dai vari rappresentanti mostrano chiaramente come questa scelta potrebbe avere un impatto duraturo. Gli asili nido non sono solo un servizio per le famiglie, ma rappresentano anche un investimento nel futuro educativo e sociale del Paese. Garantire l’accesso uniforme a questi servizi è essenziale per ridurre le disuguaglianze e per favorire lo sviluppo delle competenze dei più piccoli fin dai primi anni di vita.
In definitiva, mentre il governo difende la sua scelta con la necessità di contenere i costi, le opposizioni e le associazioni insistono sull’importanza di mantenere alto il livello di investimento nei servizi per l’infanzia, un settore fondamentale per promuovere un’equità sociale duratura e per avvicinare l’Italia agli standard europei in ambito educativo.