Gilda "Autonomia scolastica fallimento o grande incompiuta?"
Gilda "Autonomia scolastica fallimento o grande incompiuta?". Interventi interessanti
Dal Congresso nazionale Gilda Unams una riflessione critica sull’autonomia scolastica: tra pressioni sugli scrutini, progettificio, contenzioso in crescita e una governance da ripensare.
Secondo Vitocarlo Castellana l’autonomia, così come è stata applicata, ha prodotto frammentazione organizzativa, competizione tra istituti e un rafforzamento eccessivo del potere dirigenziale, con effetti diretti sulla libertà di insegnamento. Dal Congresso Gilda emerge la necessità di rilanciarla con una nuova governance, più potere agli organi collegiali e investimenti reali, oggi messi in discussione dalle politiche governative.
L’autonomia scolastica doveva rappresentare la leva per rendere le scuole più efficienti, più aderenti ai bisogni dei territori e, soprattutto, più efficaci sul piano didattico. A oltre vent’anni dalla sua introduzione, però, la domanda resta aperta: ha davvero migliorato la qualità della scuola italiana? E i risultati degli studenti sono oggi migliori rispetto al passato?
A rilanciare il dibattito è stato il Congresso nazionale della Federazione Gilda Unams, svoltosi a Roma, presso l’Hotel Best Western di via Marsala, che ha riunito delegati da tutta Italia. La testata vocedellascuola.it ha seguito i lavori, nei quali il tema dell’autonomia è stato al centro di numerosi interventi, accomunati da una valutazione condivisa: il modello resta valido, ma è diventato una grande incompiuta.
Libertà di insegnamento sotto pressione
Tra gli interventi più articolati, quello del coordinatore Vito Carlo Castellana, che ha ricostruito l’impatto concreto dell’autonomia nella vita quotidiana delle scuole. Un impatto che, secondo la sua analisi, ha spesso prodotto uno sconfinamento del ruolo dirigenziale nella sfera didattica, con conseguenze dirette sulla libertà di insegnamento.
Le pressioni interne, in particolare nei momenti degli scrutini, inciderebbero sulla serenità professionale dei docenti e sulla credibilità della valutazione. Un fenomeno che, nel tempo, rischia di svuotare il principio costituzionale sancito dall’articolo 33, trasformando la libertà di insegnamento in una prerogativa solo formale.
Dall’autonomia all’anarchia organizzativa
Sul piano organizzativo, Castellana ha parlato apertamente di frammentazione. Anticipi autonomi dell’avvio delle lezioni, disallineamenti con i calendari regionali, carenze di personale e orari ridotti sono diventati elementi ricorrenti, soprattutto a inizio anno scolastico.
Anche scelte come la settimana corta, secondo il coordinatore Gilda, meritano una riflessione più approfondita: spesso rispondono a esigenze degli adulti più che a bisogni educativi reali, con effetti pesanti sugli studenti, soprattutto nei contesti di forte pendolarismo. Giornate scolastiche eccessivamente lunghe comprimono il tempo per lo studio, lo sport, il riposo e la crescita personale.
Progettificio e smarrimento del curricolo
Uno dei punti più critici emersi dal Congresso riguarda la deriva progettuale dell’autonomia. La competizione tra scuole, alimentata anche dai meccanismi di finanziamento, ha spostato l’attenzione dal curricolo – inteso come fonte del sapere che fa crescere – a una moltiplicazione di progetti spesso autoreferenziali.
Secondo Castellana, l’ingresso massiccio dei fondi PNRR ha accentuato questa tendenza: le risorse vengono talvolta spese per obbligo, più che per reale utilità didattica. In questo contesto, la lezione e lo studio rischiano di essere percepiti come elementi secondari, mentre l’insegnante viene spinto verso un ruolo di animatore o intrattenitore.
Contenzioso e assenza di organismi di controllo
Dal punto di vista giuridico e sindacale, l’autonomia ha prodotto un altro effetto evidente: l’aumento del contenzioso. Il dirigente scolastico, oggi datore di lavoro, concentra funzioni gestionali e disciplinari senza che sia stato previsto un organismo terzo di controllo realmente efficace.
Questa asimmetria, secondo Castellana, alimenta conflitti e ricorsi, spesso legati a contestazioni disciplinari utilizzate come strumento di pressione verso i docenti più critici o attivi negli organi collegiali.
Segreterie sotto pressione e sindacati “patronato”
Un’ulteriore conseguenza riguarda il sovraccarico delle segreterie scolastiche, chiamate a gestire pratiche complesse un tempo affidate agli uffici periferici dell’amministrazione. Carenza di personale, retribuzioni basse e responsabilità crescenti hanno favorito errori e tensioni, contribuendo anch’essi all’aumento del contenzioso.
In parallelo, anche il ruolo dei sindacati rischia di snaturarsi: da luoghi di elaborazione politica e contrattuale a strutture di assistenza tecnica, con iscrizioni motivate più dalla gestione delle pratiche che da un’identità sindacale condivisa.
La proposta: nuova governance e più collegialità
Nonostante il quadro critico, dal Congresso Gilda non arriva una bocciatura definitiva dell’autonomia, ma una proposta di rilancio. Castellana ha indicato come possibile soluzione una nuova governance, ispirata anche a modelli europei: DSGA rafforzati sugli aspetti giuridico-economici, un preside – eventualmente elettivo – con funzioni di coordinamento didattico, maggiore potere reale agli organi collegiali.
A ciò si affianca la richiesta di un reclutamento di qualità, capace di superare sanatorie e contenziosi, e di una revisione contrattuale che distingua chiaramente le professionalità di docenti e ATA, oggi inserite in un unico comparto che tende ad appiattire ruoli e competenze.
Il nodo politico: il Governo e le risorse
Il Congresso ha però messo in luce un elemento decisivo: l’autonomia non può funzionare senza risorse aggiuntive reali. Su questo punto la posizione è netta: il Governo, al momento, non starebbe sostenendo il processo autonomo, ma ricorrendo a partite di giro.
Il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF) viene incrementato solo formalmente, spostando risorse da altre voci del bilancio del MIM. Un meccanismo che genera nuove sofferenze e compromette la ripartenza. La stretta sulle supplenze prevista dalla legge di Bilancio 2026 e il prelievo di 240 milioni dal MOF per il contratto 2022-24 confermano, secondo Gilda, un progressivo “dimagrimento” del sistema.
La sintesi politica è chiara: l’autonomia scolastica non può reggersi su trasferimenti interni di risorse. Senza un investimento strutturale dello Stato, rischia di restare una riforma incompiuta, incapace di migliorare la qualità della scuola e di valorizzare il lavoro di docenti e personale ATA.
Rilanciarla significa ripensarne la governance, rafforzare la collegialità, garantire la libertà di insegnamento e, soprattutto, sostenere il sistema con risorse adeguate. In caso contrario, l’autonomia continuerà a essere, più che un’opportunità, una promessa non mantenuta.