Legge di Bilancio e scuola: i sindacati divisi tra sciopero e trattative
La Legge di Bilancio 2025 ha messo benzina sul fuoco in un settore, quello scolastico, che da anni attende risposte vere e che ora vede ancora una volta protagonisti i sindacati. Ma, come spesso accad...

La Legge di Bilancio 2025 ha messo benzina sul fuoco in un settore, quello scolastico, che da anni attende risposte vere e che ora vede ancora una volta protagonisti i sindacati. Ma, come spesso accade, non c’è unanimità nelle reazioni, né una strategia unitaria. Se da una parte la Cgil e la Uil si stanno preparando allo scontro in piazza con un nuovo sciopero nazionale il 29 novembre, dall’altra la Cisl sembra voler puntare su una mediazione, lasciando aperta la porta alle trattative. La spaccatura è netta e rende ancora più infuocato il dibattito attorno alla manovra, che si appresta a passare al vaglio finale del Parlamento.
La legge di Bilancio colpisce ancora: meno organici, più precarietà
Tra i punti più discussi della manovra spiccano i tagli agli organici, che prevedono una riduzione di 5.660 docenti e di 2.174 ATA (il personale amministrativo, tecnico e ausiliario). Numeri che, tradotti in parole semplici, significano una classe docente sempre più sottoposta a pressioni, costretta a fare di più con meno risorse e con un sistema che continua a sottrarre stabilità. Per la Cgil e la Uil, queste cifre sono il simbolo di una politica che non ha capito la realtà delle scuole italiane, dove classi sovraffollate e mancanza di personale compromettono la sicurezza e, di conseguenza, il diritto allo studio degli studenti.
Non solo: con la limitazione del turnover, la manovra sembra chiudere le porte in faccia ai giovani che ambiscono a entrare stabilmente nel mondo dell’insegnamento. Nonostante le promesse, il governo riduce le possibilità di assunzione, mantenendo in un limbo di precariato decine di migliaia di docenti e ATA che, anno dopo anno, si trovano a dover rincorrere supplenze e contratti a termine.
Sciopero sì, sciopero no: i sindacati divisi sulle strategie
In questo quadro già acceso, la reazione dei sindacati si è divisa. La Cgil, con Maurizio Landini in testa, ha deciso di passare all’azione diretta con uno sciopero il 31 ottobre, che ha voluto essere un messaggio chiaro: non si può più aspettare. Ma per Landini non è finita qui. La Cgil ha poi rilanciato con la Uil, pianificando un nuovo sciopero per il 29 novembre. “Questa legge di Bilancio è da cestinare”, ha dichiarato Landini, sottolineando come sia del tutto inadeguata a rispondere alle necessità della scuola e, più in generale, dei lavoratori della pubblica amministrazione.
Giuseppe D’Aprile, leader della Uil Scuola Rua, ha fatto eco alle parole di Landini, annunciando che lo sciopero sarà “inevitabile”. Per D’Aprile, è ora di “capovolgere la logica dei tagli” e iniziare a investire seriamente nel sistema scolastico. Le richieste sono chiare: aumentare gli organici, migliorare le retribuzioni e mettere fine alla disparità nella distribuzione della Carta del Docente, che al momento è prevista solo per i docenti con contratto fino al 31 agosto, escludendo il personale ATA e gli insegnanti con contratti brevi.
Dall’altra parte c’è la Cisl, con un approccio più moderato. Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, ha espresso delle riserve sulla Manovra, ma ha scelto di rimanere al tavolo delle trattative, sperando di apportare modifiche tramite emendamenti. La Cisl sembra puntare su una soluzione “dal di dentro”, cercando di migliorare ciò che ritiene comunque un tentativo, seppur imperfetto, di gestione della spesa pubblica. Per Sbarra, lo sciopero al momento è una mossa prematura: meglio mantenere il dialogo aperto e cercare di negoziare i punti più critici.
I temi sul tavolo: organici, stipendi e diritti
Nel pieno di questo braccio di ferro, le richieste dei sindacati sembrano puntare a risolvere tre questioni cruciali:
- Incremento degli organici: per la Cgil e la Uil, i tagli sono una scelta miope. Il sistema scolastico, già provato da anni di carenze strutturali, ha bisogno di più docenti e di più ATA, non di meno. L’aumento dei posti in organico di diritto è considerato essenziale per garantire una scuola sicura e di qualità. Soprattutto, occorre porre fine al fenomeno delle classi “pollaio”, dove il sovraffollamento rende impossibile garantire un buon livello di istruzione e una gestione adeguata delle emergenze.
- Miglioramento delle retribuzioni: il potere d’acquisto del personale scolastico è in calo da anni, con stipendi che non riescono a tenere il passo dell’inflazione. La Uil propone l’istituzione di fondi specifici per aumenti retributivi e chiede la detassazione degli aumenti contrattuali, una misura che permetterebbe al personale di beneficiare appieno dei miglioramenti salariali. Per molti, questa è una questione di dignità: non si può chiedere alla scuola di formare il futuro del Paese senza garantire condizioni di lavoro decorose a chi ci lavora.
- Estensione della Carta del Docente: la Carta, pensata per sostenere la formazione continua dei docenti, è oggi limitata a una parte del personale. La Cgil e la Uil chiedono che venga estesa a tutti i lavoratori della scuola, senza distinzioni contrattuali. Il principio, secondo i sindacati, è semplice: tutti coloro che lavorano nella scuola hanno il diritto di accedere alla formazione, e nessuno dovrebbe essere escluso da questa opportunità.
Il futuro della scuola tra sciopero e trattative
Lo sciopero del 29 novembre promette di essere un momento decisivo per le rivendicazioni del mondo scolastico. La decisione della Cgil e della Uil di unirsi in questa protesta è un messaggio forte: la pazienza è finita, e il governo è chiamato a rispondere alle richieste dei lavoratori. Tuttavia, la scelta della Cisl di non aderire alla mobilitazione, puntando invece sulle trattative, aggiunge un elemento di incertezza al futuro delle negoziazioni. Con una parte dei sindacati in piazza e un’altra al tavolo delle trattative, il governo potrebbe essere tentato di proseguire con la sua linea, sapendo che il fronte sindacale non è del tutto compatto.
La questione, però, è se la Legge di Bilancio 2025 possa veramente rispondere alle esigenze di una scuola che richiede stabilità, risorse e un approccio meno rigido ai vincoli di bilancio. La speranza di molti è che questo sciopero possa aprire un dibattito serio su come finanziare e sostenere il sistema educativo, superando la logica dei tagli. Ma se le richieste dei sindacati non verranno accolte, è probabile che le tensioni continuino anche oltre novembre, con nuove azioni di protesta e un malcontento sempre più diffuso tra il personale scolastico.
In conclusione, la scuola italiana si trova davanti a una sfida cruciale: il futuro del sistema educativo dipenderà dalla capacità del governo e dei sindacati di trovare un compromesso che tuteli i diritti dei lavoratori senza mettere a rischio la qualità dell’insegnamento. Le prossime settimane saranno decisive per capire se questo compromesso sia possibile o se lo sciopero del 29 novembre sarà solo il primo di una lunga serie di manifestazioni.