“Prof e bidelli sotto accusa: la scuola italiana tra protesta studentesca e crisi di fiducia“
Inizia il nuovo anno scolastico e spunta una petizione che ci induce a riflettere sul nostro sistema scolastico


Una petizione nata dal basso, scritta da uno studente e diffusa online, sta sollevando un dibattito che va ben oltre le mura scolastiche. Leonardo William, promotore dell’iniziativa, racconta la sua esperienza diretta e denuncia un problema che molti ragazzi avvertono: la presenza, nelle scuole italiane, di personale scolastico “incompetente”, tra docenti e collaboratori che non rispecchierebbero più il modello educativo di cui gli studenti hanno bisogno.
La petizione non punta il dito contro tutti, anzi riconosce il valore dei “professori bravi e appassionati”, ma mette in luce una realtà fatta di ansia, incomprensioni, severità eccessiva e mancanza di ascolto. “Ci sono ancora troppi docenti a piede libero che abusano del loro potere, danno la colpa a te quando non hai colpe e arrivano perfino a urlarti in testa fino a demoralizzarti”, scrive lo studente.
Dietro lo sfogo c’è una richiesta chiara: cambiare il modello di scuola, promuovere un corpo docente motivato, comprensivo e preparato, capace di instaurare un rapporto costruttivo con gli studenti. “Fateci caso: di fronte ai bravi docenti gli alunni si zittiscono da soli. Non per paura, ma per rispetto”, prosegue la petizione, sottolineando che la vera autorevolezza si conquista con la competenza e non con la severità immotivata.
Non manca un riferimento anche ai collaboratori scolastici, i cosiddetti bidelli, accusati di non svolgere sempre in modo adeguato il loro ruolo. “Troppi bidelli credono che sia compito degli studenti ripulire la classe. Ma se sei un collaboratore scolastico e trovi la classe un po’ sporca non puoi rifiutarti di fare il tuo lavoro”, denuncia il promotore.
Ma questa iniziativa pone anche una questione morale più ampia: qual è oggi il ruolo del docente e, di conseguenza, della scuola? Negli ultimi anni si moltiplicano le circolari di divieto e le regole sempre più rigide: dall’uso dei cellulari alle nuove modalità dell’orale della maturità, fino al rafforzamento del voto di condotta. Segnali che, se da un lato vogliono ristabilire disciplina e ordine, dall’altro rischiano di alimentare conflitti e di ridurre gli spazi di pensiero critico.
Il rischio è quello di trasformare la scuola in un ambiente competitivo, che “mette gli uni contro gli altri e riduce la massa di pensiero critico”, come osserva la riflessione collegata alla petizione. In questo contesto, piccoli campanelli di allarme e focolai di protesta studentesca non vanno sottovalutati: potrebbero essere i segnali di una tensione sociale che, senza una politica capace di ascoltare e mediare, rischia di sfociare in un nuovo ’68, privo però di una visione collettiva e costruttiva.
La petizione diventa quindi un punto di partenza per riflettere sul futuro del sistema educativo. Non basta più parlare di riforme calate dall’alto: serve riportare la scuola al centro del dibattito pubblico, coinvolgendo tutti i protagonisti – studenti, docenti, personale e famiglie – in un confronto serio e costruttivo.
Come ricorda lo stesso Leonardo William, “la scuola è la nostra seconda casa, e se in essa prevalgono ansia, frustrazione e sfiducia, il rischio è quello di trasformarla in un luogo di esclusione e non di apprendimento”. La sfida, oggi, è ricostruire un clima sereno, dove rigore e umanità non siano in contrapposizione ma parte dello stesso percorso educativo.