Riforma medicina: abolito il test d’ingresso, Ma restano dubbi su meritocrazia e sostenibilità
La riforma elimina il tradizionale test di ingresso alle facoltà di Medicina, sostituendolo con una selezione basata su corsi propedeutici ed esami. Un cambiamento epocale che promette di rivoluzionar...

La riforma elimina il tradizionale test di ingresso alle facoltà di Medicina, sostituendolo con una selezione basata su corsi propedeutici ed esami. Un cambiamento epocale che promette di rivoluzionare l’accesso agli studi medici, ma che solleva dubbi sul merito e sulla capacità organizzativa delle università italiane. Con 87 voti favorevoli, 40 contrari e 18 astensioni, il testo approvato in prima lettura sposta la selezione alla fine dei primi sei mesi di corso. Gli aspiranti medici seguiranno corsi propedeutici e sosterranno esami, con una graduatoria nazionale che stabilirà chi potrà proseguire. La selezione non elimina il numero chiuso: i posti disponibili restano circa 21.000, e chi non rientra dovrà optare per corsi affini.
La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ha definito la riforma un passo avanti verso la riduzione progressiva dell’impatto del numero chiuso, pur riconoscendo i tempi stretti per l’approvazione definitiva alla Camera e l’emanazione dei decreti attuativi. Se il processo sarà completato entro i primi mesi del 2025, la riforma entrerà in vigore già dal prossimo anno accademico. In caso contrario, l’ultimo test a crocette potrebbe essere effettuato nella primavera del 2025.
Dubbi su meritocrazia e logistica
La riforma non ha dissipato le preoccupazioni dell’opposizione, che proponeva un test nazionale uniforme per garantire equità nella selezione. La discrezionalità nei voti assegnati localmente potrebbe infatti compromettere la graduatoria nazionale, vanificando i principi meritocratici. Inoltre, le università dovranno gestire un numero di iscritti triplicato o quadruplicato nel primo semestre, senza risorse aggiuntive per nuove aule o docenti.
Il rischio è che il governo debba ricorrere alle università telematiche, una possibilità esplicitamente contestata dall’opposizione. La mancanza di fondi dedicati mette in discussione la sostenibilità pratica della riforma.
Un futuro incerto
La nuova selezione rappresenta un cambiamento importante, ma il quadro resta nebuloso. Non è chiaro quali esami saranno considerati e come sarà garantita l’uniformità del processo. Nel frattempo, il dibattito si accende: da un lato chi vede nella riforma un’opportunità per democratizzare l’accesso, dall’altro chi teme un peggioramento delle condizioni di studio e formazione. Ora la partita passa alla Camera, dove il governo dovrà correre contro il tempo per rispettare le scadenze e tradurre in realtà una rivoluzione annunciata.